Farneticando

Capodanno, ci mette in crisi dal quarto secolo avanti Cristo

Ognuno sta solo, sul cuore della terra...ed è subito Capodanno.

Il trecentosessantacinquesimo giorno dell’anno è segnato in rosso sul calendario non perché indica la festività in sé. Il rosso è sinonimo di pericolo imminente

San Silvestro causa crisi di coppia più di un tradimento, più delle pile di calzini sporchi. Capodanno, distrugge amicizie dal quarto secolo avanti Cristo.

Li immagino gli antichi romani che discutevano se andare da Cassius o da Adriano, e alla fine si prendevano una sbronza triste con il vinum Falernum. Se solo ti limiti a farfugliare che hai intenzione di morire sul divano soffocato dalle patatine a consumarti le cornee con una maratona delle ultime serie tv ti guardano come se avessi una camera già prenotatata all’ospizio Casa Serena. Non sia mai che a Capodanno non ti diverti o non esci. Non è da giovani.

Perciò ti rassegni a fare il giovane per l’ennesima volta. Si parte sempre in 360, gasatissimi, per un Capodanno all’estero tipo Notte da leoni. Passi le giornate a calcolare prezzi del viaggio, allucinato dal giallo fluo della Ryan Air e dal verde di Groupon. 

Aspetti la mezzanotte del mercoledì perché ti hanno detto che, mescolando il sale con l’acqua e girando tre volte attorno al pc, dovrebbe propriziare il prezzo più economico. Niente da fare, dal portafoglio escono le tarme, le aspettative si ridimensionano, e vi ritrovate quattro amici al bar a decidere se comprare l’alcol alla Lidl o all’Eurospin.

Le opzioni sono due:

Il locale

 Dopo accurata e attenta analisi siete riusciti a trovare la bettola più mostruosa di tutti i tempi, ma il biglietto d’entrata costa 5 euro, quindi è come se fosse la Festa d’inaugurazione dell’Hilton.  

Di solito ci si dà appuntamento dopo la mezzanotte, per evitare di essere gambizzati o colpiti da un sanitario (L'uno gennaio fate caso al numero di bidet e tazze per strada, che manco ci fossero stati i bombardamenti, soprattutto, ahìmè, se siete originari del Sud). Gonfi come palloni da rugby, ci si trascina verso le macchine e si raggiunge la baracca-Hilton.

 

Peccato che prima di entrare tocca fare il circuito di Maranello per trovare parcheggio, perciò va a a finire che arrivate alla festa che sono già le 3 inoltrate. L’amico latin lover tuttavia è già scomparso per adescare la preda della serata. Si era già portato avanti, facilitandosi il lavoro nell’attesa. 

 Poi c’è l’amico esaltato che, una volta salito il livello alcolico comincia a ballare anche i peggiori successi house del momento mentre provi a ricordargli che in condizioni normali è un fan dell’heavy metal.  E infine c’è lui, l’immancabile amico dalla sbronza triste

Quello lasciato dalla ragazza due giorni prima e che piange lacrime amare nel suo rum e coca. Ascolti pazientemente tutte le sue paturnie e già immagini come andrà a finire: lui che ti chiede scusa per la sciarpa che ha perso cinque anni fa o in alternativa perchè è ubriaco e ti sta rovinando la serata o ti ringrazia non si sa bene per cosa. 

Nel frattempo cerchi delicatamente di spostarlo dalla tua traiettoria, cercando di evitare che il rum e coca finisca dritto dritto sul maglione nuovo. Fine serata, la prima scarica di zuccheri dell’anno nuovo dal cornettaro più vicino. Sei sopravvissuto.

La festa in casa

La situazione si prospetta più o meno la stessa, solo che l’amico latin lover sarà meno molesto perché avrà minor possibilità di scelta e l’amico- sbronza triste avrà più possibilità di trovare il bagno libero. 

E poi, alle brutte, c’è la tv e puoi tirar fuori la chitarra. Spendi meno, i cornetti sono già in casa ed è facile virare su una carbonara delle sette del mattino

C’è anche chi decide di passarlo in famiglia. Ti prepari psicologicamente alla nonna che ad ogni tombola si confonde tra il 65 e il 75, la zia che ti chiede se hai trovato il fidanzatino, Una poltrona per due in tv e tu che per non farti prendere dalla malinconia tipica dell’ultimo dell’anno ti ingozzi di tartine al salmone e vino bianco.

Dopo anni di situazioni simili, mi sono fatta un’idea. Capodanno è la prova del nove per i 365 giorni a venire. Se sopravvivi, il resto sarà una passeggiata. 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 
 

 

 

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Rob Brezny, l'uomo dietro alle supercazzole stellari

Nessun dubbio.

oroscopo-internazionale L’Internazionale, settimanale digitale e cartaceo che raccoglie i migliori articoli di diverse testate di tiratura mondiale, va letto quantomeno per il suo oroscopo.

Lo ammetto: prima di approcciarmi al resto del giornale, la prima cosa che faccio (come il 90% degli italiani) è leggere gli affascinanti accostamenti di parole di Rob Brezny, il mago delle supercazzole stellari.

Parliamoci chiaro: qualcuno ha mai creduto davvero che con Saturno contro un meteorite vi colpirà il tettuccio dell’auto? O che, se incontrerete un uomo Vergine in poco tempo si trasformerà in uno psicopatico che picchia i bambini? ( potrebbe anche essere, ma non dipende certo dal segno).

In barba a tutti i Paolo Fox, io rimango fedele a Brezny. Perché il suo si chiama oroscopo ma non parla né di pianeti, né di stelle. Perché con la sua prosa raffinata e ricercata, vende fumo. Ma, sostanzialmente, un “buon fumo”. Di una leggerezza che suona bene e delizia gli spiriti. E da quel miscuglio a volte indecifrabile di termini si sente ispirato il Toro quanto il Sagittario (senza contare che, nel mio caso, all’80% il buon Rob ci azzecca).

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Ma chi si nasconde dietro all'oroscopo del giovedì?

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Inizialmente, visto l’avatar che campeggia sull’home page di Internazionale, ero indecisa fra Angelo Branduardi e un fratello sconosciuto di Veltroni. Poi ho scoperto che è americano, viene da una famiglia di intellettuali della West coast e che ha deciso di diventare un "figlio delle stelle" proprio per contrastare l’acuta razionalità familiare.

Inizilamente sfrutta questa tendenza all’invenzione per scrivere oroscopi su un giornale online di Santa Cruz (stavolta per compensarela classica "sindrome da tasca bucata" dello scrittore). E il suo approccio ai segni lascia il segno.

Dalle stalle alle stelle, è proprio il caso di dirlo. Il successo arriva infatti con Pronoia, libro antidoto alla paranoia uscito per la prima volta negli Stati Uniti nel 2005. Il termine indica una terapia particolarmente in voga tra gli hippies degli anni ’60 e ’70, che ipotizza un Universo benevolo che cospira a nostro favore. In una spirale di estro creativo Robert ha fatto suoi i concetti principali di questa teoria:

"La crudeltà è noiosa. Il cinismo è stupido. La paura è una cattiva abitudine. La disperazione è pigrizia. La gioia è affascinante. L’amore è un atto di genialità eroica. Il piacere è un nostro diritto naturale".

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Ecco i sette moniti originari da cui ogni giovedì scaturiscono le previsioni che incoraggiano/ scoraggiano i nostri umori.Insomma Brezny è il campione delle supercazzole, imbevute di riferimenti culturali, spesso legati ad arte, letteratura e psicologia, da Allen Ginsberg ad Emiliy Dickinson, da Rimbaud a Kandinsky. 

Lo stesso astrologo rivela:«Mi pagano più o meno per i miei “hobby”: la poesia, la filosofia, la musica e la scrittura. Cerco di essere il più ricettivo possibile con le persone che mi circondano. Comincio la mia giornata con la lettura dei giornali, dal New York Times ai peggiori tabloid. In seguito, studio e faccio ricerche nei più svariati campi: scienza, storia, antropologia ecc. E adatto tutte le mie ispirazioni alla mia lettura degli astri».

Beh, se il giovedì Internazionale riceve puntualmente il picco settimanale di visualizzazioni qualcosa vorrà dire. Addrittura il direttore della testata, Jacopo Zanchini, ha spiegato che talvolta piovono critiche se il verbo di Brezny non viene postato sul sito al solito orario.

Insomma, anche le supercazzole richiedono stile. Capito, novelli astrologi?

irene

 

di Irene Caltabiano

 
 

 

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Il mio viaggio in Flixbus Roma-Torino

L'importante non è la meta ma il viaggio.

Flixbus-1Sulla base di una delle frasi più sdoganate della storia e dal momento che nella vita si deve provare tutto, ho deciso che nel mio fine settimana avrei fatto una nuova esperienza mistica: un viaggio Roma-Torino A/R. Nello specifico con un biglietto di Sua Maestà Flixbus (più comunemente noto come lo sposta-poveri).

Per chi fosse vissuto su Marte fino ad ora, Flixbus è una compagnia di autobus con cui puoi arrivare in tutta Europa, dalla Francia alla Jugoslavia, da Lamezia Terme al Canton Ticino, ad un prezzo stracciato. Mai visti biglietti superiori ai 60 euro. 

Questo suo essere il mezzo preferito di studenti, extracomunitari e lavoratori a fine mese gli ha permesso una crescita di utenza del 70% rispetto all'anno passato.

E perciò, dopo aver constatato che Italo e Trenitalia erano off limits e dal momento che in me alberga un piccolo San Tommaso,  ho sperimentato sulla mia pelle cosa vuol dire spostarsi sul grosso quattro ruote verde acido. Itinerario? Andata: venerdì ore 10.10-arrivo 20 35. Ritorno: domenica ore-21.15-arrivo 7.45. Insomma come rendere il proprio lunedì mattina peggio del solito in poche semplici mosse. Ma procediamo con metodo scientifico.

Chi viaggia su Flixbus

Snoop-dogIl panorama risulta piuttosto vario, ma mi sento catapultata alle elementari a fare esercizi sull'elemento comune dell'insieme. Presto fatto: su Flixbus c'è poco spazio per i ricchi, un po' di più per chi ha qualcosa da nascondere. L'unica cosa che viene controllata infatti è il QR code. Quindi per il bigliettaio potrei anche essere un attempato cinquantenne con una valigia piena di eroina.

L'80% dell'autobus è composto da ragazzi neri, chi un misto tra 50 cent e Snoop Dogg (per lo stile sobrio) chi più somigliante a un giovane Samuel L. Jackson appena sveglio.

Di seguito un rabbino, una mamma con bambino, due ciarliere signore russe e altri non classificati. E, ovviamente l'autista, novello Caronte del Raccordo anulare.

I più furbi hanno già creato un' invalicabile barriera di giubbotti, borse e felpe per garantirsi il doppio sedile e dunque il lusso di articolare le gambe. Da novellina di Flixbus, finisco accanto ad una cinese che non parla italiano ma nemmeno inglese. Dunque i primi timidi tentativi sono per farle capire che non trovo la presa per caricare il cellulare. Dopo avermela indicata, crolla nel sonno dei giusti.

Deve essersi alzata nei pressi di Firenze perchè al mio risveglio era scomparsa. Al suo posto un signore che parlava ad alta voce un incomprensibile dialetto. Credo che a una certa abbia detto alla moglie di tenergli la pasta in caldo, ma non ne sono certa.

La sosta

autogrillLa sosta, a parte avere la funzione di permetterti di tornare a sentire gambe e collo e mangiare schifezze in autogrill perchè nessuno ti vede e quindi ti giudica, dà una panoramica più ampia sul degrado sociale a metà viaggio. Attorno a me gente senza scarpe, la mamma che ingozza il figlio di pasta in bianco e un signore che beve impavido una birra.

Il cestino della spazzatura comincia a strabordare e tu conosci già a memoria la playlist del ragazzo che sta dietro di te. Così come vita, morte e miracoli della ragazza a tre file di distanza, personal trainer e insegnante di hip hop diretta a Torino per uno stage con un noto coreografo. L'autogrill è nel mezzo del nulla, probabilmente invisibile alle mappe e senza Kinder cereali. Dopo trenta minuti, ritorni mestamente al tuo posto.

Alle quattro pm circa prendi consapevolezza che la sosta dell'una e mezza era l'unica in tutto il viaggio. Dopo esserti maledetto per non aver sgranchito a dovere le gambe, entri in uno stato comatoso in cui, quando hai finito i libri da leggere, terminato i dati perchè per l'ennesima volta hai dimenticato di scaricare le canzoni da Youtube e finita la scorta di provviste, il tuo unico pensiero è arrivare vivo. Cosa che, comunque, avviene con puntualità.

Cominci a depennare mentalmente le menzogne propinate sul sito quali comodi sedili , viaggio in totale relax e guardare film sfruttando il Wi-Fi, dal momento che lo streaming è abolito. La feicità dell'essere giunti a destinazione però è tale che per poco dimentichi che dopo 48 ore ti attende il ritorno.

 

Il ritorno

bagno-flixbusIl panorama resta all'incirca uguale, a parte un autobus fortunatamente meno pieno. Scaravento borsa del pc e cibarie varie sul sedile accanto ( nella lotta per la sopravvivenza si impara in fretta). Pregusto già il piacere di avere il tempo di guardare un film lungo quando mi accorgo di aver lasciato le cuffie a casa dell'amico ospite.

Chiedo al ragazzo del sedile di fronte, con fare piuttosto nervoso, se ne abbia un paio da prestare. Viviamo lo stesso disagio: mi risponde che le ha dimenticate in valigia, con la consapevolezza di chi passerà la nottata tra Instagram e Facebook.

Con l'irritazione livello 100, tento la strada lettura. Dieci minuti e tanta nausea dopo, decido che è il momento di dormire. Ma prima, devo andare in bagno (un cubicolo verticale di tre cm per cinque a pochi m dall'asfalto, per cui anche un piccolo dislivello viene percepito come l'esplosione di Hiroshima). Incredibilmente, prendo sonno per circa due ore, brutalmente interrotto dalla fermata a Genova Piazza della Vittoria dove il led verde sul soffitto ti trafigge gentilmente gli occhi. Dopodichè, è tutto un ricordarsi le lezioni di yoga per capire come trovare la posizione più comoda.

La notte in qualche modo è passata e, grazie a Dio, nessuno ha russato. Verso le 6.30, comincio a sentire i rumori di casa: il traffico sul Grande Raccordo Anulare. Ci si guarda l'un con l'altro con aria compassionevole ed occhi cisposi, freschi per una giornata di lavoro.

Conclusioni? Consigliato a chi soffre d'insonnia, a chi ama le esperienze interculturali e chi farebbe di tutto pur di non pagare 100 euro a Trenitalia.

Ps. Alla fine ho comprato un paio di cuffie in Autogrill all'una di notte.

irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

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