Combattere l’opinionismo esistenziale prendendo esempio da Drusilla Foer

E anche questo Sanremo, come avrebbe detto Riccardo Garrone in Vacanze di Natale 83

Non c’è evento mediatico senza il folto, disturbante - ed a tratti disturbato - chiacchiericcio - di contorno più che di sottofondo, visti i toni urlati – del popolo degli opinionisti esistenziali, che si riproduce più prolifico dei conigli. È l’era dei social, bellezza.

Più dell’evento, il meta-evento. Il Festival della Canzone Italiana, storicamente vituperato per il suo carattere nazionalpopolare, ha inanellato, nei giorni scorsi, ascolti record. Ed il merito è quasi tutto della narrazione intessuta dagli opinionisti esistenziali nei salotti che amano frequentare (Twitter, Facebook, Instagram) e della goliardia (sfuggita di mano) del Fantasanremo. La qualità (o la sua assenza) di musica e testi delle canzoni sono, sempre di più, un dettaglio trascurabile.

Opinionismo-esistenzialeGli opinionisti esistenziali, infatti, sono caratterizzati da un’impellente esigenza comunicativa che abbraccia un range di argomenti praticamente infinito. Dal merletto irlandese del Settecento al motocross, per citare Drusilla Foer. Perciò, anche nel peggiore degli scenari, vale a dire uno sciopero compatto di maestranze e cantanti in gara, loro non si perderebbero d’animo: commenterebbero perfino Amadeus intento a leggere gli elenchi telefonici dei capoluoghi liguri. Basta un attimo a riscoprirsi foniatri e insegnanti di dizioni…

È stato proprio questo a impedirmi, nonostante anch’io avessi la mia squadra al Fantasanremo, di seguire il festival.  Una frase come “non ho un’idea precisa su X” rischia di apparire naif e antiquata, invece di essere considerata per quella che è: espressione di maturità ed apertura al dubbio. Due tra i migliori pregi di Drusilla Foer, a mio avviso, che senza alcun imbarazzo, in risposta a chi le chiedeva un parere sulla rivisitazione sanremese della favola di Cenerentola da parte di Checco Zalone, ha esercitato quello che ormai sembra un lusso, ma è, invece, una libertà basilare e universale. Spogliarsi dalla necessità di sfornare opinioni con la compulsività famelica di un pizzaiolo intenzionato a entrare nel Guinness dei Primati per il maggior numero di pizze prodotte nel minor tempo.

La voracità propria dell’opinionismo esistenziale esaspera fenomeni che accompagnano l’essere umano da tempi immemori, primo tra tutti l’isolamento e l’emarginazione di chi pensa diversamente. Provate a immaginare la situazione di una persona che, priva di legami affettivi solidi nella vita reale, per sentirsi meno sola, durante un qualsiasi evento mediatico seguito e commentato dagli opinionisti esistenziali con la pervicacia di un maratoneta, decidesse di condividere via social pensieri e riflessioni riguardanti tutt’altro. Magari un problema manifestatosi nella vita reale e/o che nulla ha a che vedere con le crociate rese attualmente di moda dal nutrito sottobosco degli influencer. Cosa potrebbe succedere?

Nella “migliore” delle ipotesi il post verrebbe ignorato, nella peggiore, sarebbe oggetto di critiche feroci, se non addirittura di offese personali. Con l’unico risultato di amplificare la solitudine iniziale, aggiungendo un carico da novanta: la vergogna per la propria condizione. Finché si rinuncerebbe in toto a comunicare, tanto “chi me lo fa fare?”, “non ho nulla di interessante da dire”.

Opinionismo-esistenzialePensavamo, abusando di un certo ottimismo a buon mercato, che la pandemia ci avrebbe ammorbiditi, che ci avrebbe fornito il pretesto per allenare (finalmente) il muscolo dell’empatia anziché quello della mondanità, invece, tra le sue conseguenze più palpabili, c’è l’esatto opposto. L’ipertrofia della spirale del silenzio descritta nel 1984 dalla sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann, vale a dire la progressiva marginalizzazione di chi ha opinioni che divergono dalla maggioranza; così, chi percepisce che la sua idea su un qualunque fenomeno non è riconducibile a quella veicolata dai mass media, gradualmente decide di astenersi, semplicemente, dall’esprimersi, per non essere tagliato fuori.

Immaginate quanto potrebbe ridursi la nostra ansia da prestazione social, se ci permettessimo, di tanto in tanto, di rispondere come ha fatto Drusilla Foer, proprio quando la tenzone tra opinionisti esistenziali impazza in modo più virulento

 

 

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)



 

 

 

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