Allena il pensiero strategico ☝

Per chi solo di notte ha la sua ora di libertà...

È  mia complice la notte. Quando cala la sua oscurità, mi ispira come una musa, riflessioni tradotte in parole, che amo mettere su un foglio chiaro, come una sorta di intrinseche rivelazioni. Vedo la notte con un’accezione differente. Non la solita associazione alle tenebre o alla paura. Piuttosto, mi piace vedere il lato intimistico di queste ore, a volte tanto lunghe eppure tanto brevi.    
La notte col suo silenzio, rotto di tanto in tanto dal rumore di un’auto che passa, dalla voce di chi ancora vaga in cerca di divertimento, o di un’alternativa alla propria insonnia. Un arcano non svelato. Poi, per alcuni istanti il silenzio assoluto. Un silenzio così eccessivo da far divenire chiassosi i pensieri che si infrangono nella mente di chi è ancora sveglio perché …  
 
Già perché?
La mente vaga indipendente dalla staticità del corpo, troppo impregnata di riflessioni, considerazioni, bilanci di giornate che si inseguono troppo in fretta per poterne cogliere l’essenza. Ma quel buio, rende fertile l’immaginazione, e un barlume di luce che attraversa per un attimo la stanza scura, e si frantuma sul soffitto, prima di scomparire, cattura i pensieri portandoli via con sè, cavalcando al galoppo sulla città. 
 
Ma dove?       
Adesso quel raggio di luce si è spostato altrove, a illuminare per un frangente un uomo seduto sulla sedia. Il capo tra le mani, in una postura che tradisce la profonda stanchezza , lasciata da una grande sofferenza. A un tratto, a vedere quella luce, alza il suo sguardo, lo posa sul piccolo che si trova supino sul letto al suo fianco, e si sincera di ciò che gli accade intorno. E’ una stanza di ospedale, e quello che l’uomo vive, è lo stesso dramma che vivono tanti altri pazienti come suo figlio. La luce, andando via, fa ripiombare nell’oscurità la stanza, oltre a quell’uomo, che ha perso le speranza di vedere fuori di li figlio.      
 
Quel raggio si sposta ancora, e arriva a illuminare un’altra stanza, questa volta sulle pareti si intravedono scritte e immagini di ogni tipo, e diverse tacche incise, lasciate da quanti si sono avvicendati li, ma lo squallore di quel luogo, non è dato dalla povertà dell’arredo, né dal suo malcelato lerciume o dal maleodorante tanfo che esala dal pavimento e dal wc. No, il vero squallore è dato dallo stato psico-fisico di chi vive in quello scenario. Un essere umano ridotto da altri esseri umani, a vivere allo stato brado come una bestia in gabbia,  e che urla senza essere ascoltato, da dietro a quelle sbarre, la sua estraneità al reato ascrittogli. La sua innocenza non è appurata da alcuno, forse per mera assenza di volontà, forse per comodità. Un uomo privato del suo bene più prezioso, la libertà, un uomo costretto a una nauseabonda cattività, per un reato mai commesso. Guarda anch’egli quel raggio di luce che ha per un attimo catturato la sua attenzione e infiammato la sua fantasia, e al quale ha immaginato di attaccarsi per fuggire via, come se fosse un mezzo inviatogli chissà da chi, una sorta di ali per ridargli la libertà.          
  
Il raggio di luce si sposta ancora, e ancora, e ancora. Per tutta la notte ha vagato di luogo in luogo, illuminando per qualche istante la vita di qualcuno, potendo saggiare tante angolazioni della vita. A volte quel raggio di luce ha propagato alla gente l’energia di cui è fatta la sua sostanza, a volte ha donato speranze, illusioni e sogni, ma anche questi  ultimi, come il raggio di luce, sono  sfumati  fino a dissolversi del tutto, al comparire del giorno.  
 
di Marielena De Carne
 
 
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Uno scorcio di misera quotidianità

Ogni giorno mi sveglio pensando: «Un’altra dannata giornata da affrontare con tutte le sue lotte, i suoi problemi».  Mi preparo ed esco ad affrontare il mondo, vado in cerca di un lavoro anche temporaneo, confidando che qualcosa di positivo possa svoltare la mia giornata. Cammino per strada piangendo dietro i miei occhiali da sole, chiedendomi il perché, ripensando al cambiamento negativo della mia vita, e non vedo molte prospettive future, né ho molte speranze. 
 
Poi  mi fermo di colpo. La mia attenzione è catturata da una scena sconvolgente, osservo un uomo che rovista nel cassonetto dei rifiuti alla ricerca di chissà cosa, e porge qualcosa da mangiare alla sua bambina e alla sua compagna vicino a lui. Non è il solito zingaro che fruga i cassonetti per mestiere, no! 
E’ un uomo, un padre di famiglia che con ogni probabilità, osservando l’abbigliamento,  ha vissuto tempi  migliori, e ora chissà per quale scherzo della vita ha perso la sua identità, la sua dignità di persona e con lui i suoi familiari. 
 
Avverto repentino un dolore sconvolgente: un pugno nello stomaco. Tuttavia non posso passare indifferente davanti a quello scenario, guardando negli occhietti speranzosi della piccola che aspetta qualcosa da mangiare dal suo papà. 
Esploro le mie tasche, e tutto quello che ho sono solo 5,00 euro. Non mi soffermo a pensare neanche un attimo, benché consapevole di avere solo quei pochi soldi, decido di avvicinarmi a loro e donarglieli. Non potrò mai dimenticare quegli sguardi colmi di una disperata gratitudine, quando ho detto all’uomo: «Sono pochi ma dovrebbero bastare a non fare mangiare alla bambina ciò che sta in quel cassonetto».
 
Lui mi ha sorriso commosso e poi ha abbassato lo sguardo facendo spallucce. E’ stato devastante vedere l’umiliazione sul volto di un uomo, colto a sfamare la propria famiglia da un simile take away.
Mi chiedo: «Nel prossimo futuro a quanti di noi toccherà farlo. Dov’è il nostro stato quando deve preservarci da simili orrori?».
Mi allontano e le mie lacrime scendono ancora più copiose e inarrestabili dinanzi a tanta miseria, e mentre cammino, non mi preoccupo più neanche di nasconderle ai passanti.
                                                                       
 


Di Marielena De Carne
 

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Muore ipocondriaco: il medico lo accusa di fingere

L'ipocondria esiste o è un'invenzione della classe medica?
Ti immagino correre trafelato dal medico, una maschera di sudore, il terrore negli occhi: «dottore la prego mi aiuti! Non mi viene il ciclo da non so quanto! Ho una peluria eccessiva sul petto e due noduli tra le gambe!».
La risposta?
«Signor Giovanni per carità, vada a casa chè la signora Gina qui mi sta avendo un attacco di panico solo a vederla».
Ipocondria.
Sono riconosciute due tipologie:
- quella reale, quando di fatto il paziente potrebbe scegliere se andare in uno studio medico o partecipare a una gara di triathlon, ma opta per la prima chè ha le scarpe da ginnastica sporche; 
- quella di «comodo», appioppata dai medici ai pazienti quando non sanno riconoscere una patologia.
 
L'ipocondria reale:
Hai letto male il titolo? Ahi...ahi.. probabilmente sarà dislessia, sai cos'è? Cerca subito su Google.
Un miscuglio degno dei migliori alchimisti: sintomi e Internet.
Basta digitare crampi addominali sul motore di ricerca per essere assaliti da cascate di patologie, tutte perfettamente compatibili con i tuoi sintomi. «E se fossi incinta? Magari non sapevo di esserlo e sto per partorire nel wc come le tipe del programma tv».
«Signor Giovanni, la vogliamo finire o no? Poi se guarda nel water e vede che suo figlio non le somiglia non sia  stupito».
 
Sei un ipocondriaco, lo sai vero? Era la doppia diavola con cipolla quel bruciore, non un parto inatteso. 
Se sei davvero affetto da ipocondria allora starai già andando a cercarne una descrizione su Internet e magari una cura per uscirne. Ti si spezza un'unghia mentre digiti? Carenza di calcio, ogni spigolo che prendi col gomito può voler dire frattura scomposta per te. Ti stai rosicchiando le unghie, ansia, stai già rintracciando dei rimedi naturali per combatterla, sono sicuro che il tuo erborista ti regala un panettone ogni Natale, di quelli senza glutine chiaramente, chè un goccio di celiachia ci sta, non ci facciamo mancare niente. Leggendo l'articolo ti senti angosciato, osservato magari? Ecco, aggiungici anche le manie di persecuzione e il caso è risolto.
Magari invece è una maledizione che t'hanno mandato, o forse sei posseduto, e se fossero gli alieni che ti leggono nella mente? Ci hai pensato?
Ti vedo seduto in un angolo, oscilli avanti e indietro, ancora e ancora, tutto il corpo percorso da brividi di panico,  le  capsule di valeriana in una mano, il libro di padre Amort (notissimo esorcista) nell'altra e un cappello di carta stagnola in testa per rendere la vita dura agli amici umanoidi che ti spiano da Zeta Reticuli.
Tutto questo sicuramente ti starà stressando da morire e via, a comprare un bel libro sul training autogeno o a recitare qualche massima di Osho.
 
L'ipocondria di comodo è molto più semplice da descrivere, basta un esempio:
«Dottore, vedo doppio, sbando quando cammino, ogni volta che mangio vomito e mi sveglio con le braccia paralizzate.» 
«Sicuro di non essere gay?»
«Dottore per cortesia fermiamoci all'inculata metaforica della sua parcella, non c'ha capito niente neanche lei.» 
«Lei deve solo rilassarsi.» 
«Sì, magari in zona anale.» 
Tipico esempio di medico che vi appioppa l'ipocondria sollevandosi da tutti i suoi obblighi, tanto la colpa è vostra, mica sua.
«Forse ha ragione lui»  penserete mentre rimbalzate da un muro all'altro per le vertigini mentre i sensi di colpa vi assalgono. Sentirsi in colpa perché si sta male. Spero non vi capiti mai.
L'ipocondria è una brutta bestia, soprattutto quando viene usata come pass par tout  per liberarsi di un paziente senza ammettere la propria impotenza e scaricandogli addosso la colpa.
Cari lettori, se state male non saranno le accuse di follia a farvi star meglio, continuate a cercare qualcuno di competente.
«Ma allora avevo ragione io a preoccuparmi della gravidanza isterica!».
No, Sig. Giovanni, lei no.
 

Chi ha paura delle chilocalorie? 

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