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Il miglior modo per combattere odio e intolleranza? Lavarli via. Letteralmente

Cosa rende una buona azione tale?

È interessante notare che spesso ciò che viene definito altruismo da un osservatore esterno, è ricondotto dal diretto interessato a un’impellente esigenza personale

Fare del bene scaturisce da una sorta di sete di giustizia, qualcosa di paragonabile a un bisogno fisico, ben diverso quindi dal mero vagheggiamento.

Per fare qualcosa di veramente utile agli altri bisogna non solo essere pragmatici, ma anche avere consapevolezza delle proprie priorità, e usarle come bussola. Sembra un paradosso, ma la radice dell’altruismo è il sano egoismo.

Corey Fleischer è un canadese di Montreal che ogni giorno interviene con la sua idropulitrice per cancellare gratuitamente gli hate speech graffiti, scritte razziste, omofobe e antisemite. Un impegno, questo, che porta avanti attraverso il movimento Erasing Hate, sostenuto da condivisioni social in tutto il mondo.

Leggi anche The Hate Destroyer: combattere razzismo e omofobia con un sorriso…e una bomboletta spray

Quando un imprevisto dà un senso nuovo al proprio lavoro

Tutto è cominciato, per Corey Fleischer, durante una giornata come tante. Specialista nella rimozione di graffiti e nel lavaggio a pressione, stava guidando nel centro di Montreal quando una svastica colpì la sua attenzione, distraendolo dal fatto che si trovava in un incrocio parecchio trafficato.

Corey Fleischer avrebbe voluto fermarsi e intervenire sul disturbante disegno, ma non lo fece.  Si diresse al lavoro, ma non riuscì a distogliere la mente.  Avrebbe potuto cancellare quell’immagine con estrema facilità utilizzando gli strumenti che aveva in macchina… così, mandò a casa prima del solito la sua squadra di lavoro, tornò indietro e lavò via la svastica.

Le istituzioni lo hanno premiato, ma a Corey Fleischer non basta…

Il Parlamento del Québec e la citta di Montreal lo hanno insignito con riconoscimenti al merito, Erasing Hate è sbarcato negli Usa e il prossimo anno arriverà in Europa.  L’uomo viene contattato addirittura dall’Australia, per dare consigli su come cancellare disegni e scritte offensive, tuttavia non è pienamente soddisfatto. A impensierirlo è il fatto che, a livello legislativo, le vittime canadesi di hate speech siano ancora in una posizione scomoda, in quanto devono pagare di tasca propria, per ottenere la rimozione.

“Nonostante le mie radici ebraiche, crescendo non mi è stato insegnato nulla sull’Olocausto. Attraverso Erasing Hate vorrei educare gli altri nel modo in cui non lo sono stato io. Se il mio lavoro raggiungerà anche solo una persona, non sarà stato vano”.  Così Corey Fleischer che, andando controcorrente, dimostra quanto possa essere importante contribuire al cambiamento, partendo dal proprio piccolo. “ È fondamentale realizzare che la situazione non migliorerà, se qualcuno non si alzerà in piedi e proverà a spiegare di cosa vale la pena occuparsi”.

 

Francesca Garrisi   

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

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This is not a sushi bar, il primo ristorante dove mangi in cambio di followers

This is not a sushi bar: pagarsi la cena grazie ai followers di Instagram

this is not a sushi barRoba da Black Mirror? A Milano, in zona Porta Romana, è già realtà. La catena This is not a sushi bar premia popolarità e capacità di crearsi il proprio seguito sull’ormai popolarissimo social.

Il brand di cucina giapponese, infatti, parte dal presupposto che i followers sono in primis potenziali clienti. Dunque, se un seguace tira l’altro, l’influencer che pubblica una foto sul profilo, con tanto di account e hashtag ufficiali, spinge certamente i più curiosi a capire in quali ristoranti si nasconda il loro idolo.

Peraltro, l’aspetto estetico è fondamentale nella cucina giapponese; la bellezza e la cura nella presentazione dei manicaretti diventa un fattore competitivo, dimostrando che la fame passa prima di tutto dagli occhi. E quindi, quale migliore social di uno che punta esclusivamente sul potere dell’immagine?

Come funziona: sushi in cambio di post

sushi-barUn piatto gratuito se possiedi da mille a 5000 follower, due da 5mila a 10mila, quattro da 10mila a 50mila e infine otto piatti free se si hanno tra i 50 e i 100mila fan. 

Infine, se si tratta di influencer di professione (oltre i 100mila follower) viene offerta l’intera cena.

Il post da presentare in cassa, dove lo store manager ha già controllato la pubblicazione, deve contenere una foto scattata nel locale, il tag alla pagina @thisisnotasushibar e l’omonimo hashtag. Dal pagamento sono esclusi solamente alcuni piatti e bevande.
 

 Influencer marketing, la nuova forma di baratto

sushi-followersInfluenzare vuol dire avere peso sulle scelte delle persone, portandole a preferire un prodotto anzichè un altro (che si tratti di un ristorante, un’esperienza o una pentola). E questo significa monetizzare, avere potere economico.

Lo smart food vince e si diffonde sempre più in Italia

Indirettamente, l’influencer diventa il miglior tipo di pubblicità, il modo più rapido per arrivare a un gran numero di potenziali clienti. E le possibilità aumentano con le funzionalità sempre nuove che vengono introdotte, in primis le storiese chissà quali nuove diavolerie potrebbero spuntare fra qualche mese.

 This is not a sushi bar ha inventato la formula cashless

follower-sushiIl ristorante non è certo il primo ad aver intuito le potenzialità di tale modalità. Tuttavia è il primo a sperimentare una formula completamente cashless, modalità creativa e innovativa.

Normalmente la catena si basa soprattutto sulle consegne a domicilio: sei ristoranti attivi e prossime aperture sono già previste in altre città. Ma la campagna marketing spingerà sia le vendite via sito che la fama del ristorante.

Matteo Pittarello afferma: «Intendiamo rendere la formula permanente, per cui, salvo sorprese, dovremmo essere i primi al mondo ad utilizzare in maniera strutturata questa modalitá».

Dunque, amanti del sushi e very important people dei social, drizzate le orecchie: il sushi bar potrebbe essere il primo di una lunga serie a brevettare il pagamento... in likes. 

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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Regali per i nonni 3.0: ecco I nipoti di Babbo Natale, un progetto che scalda il cuore

Esiste un’età per esprimere un desiderio?

anzianeI regali di Natale sono qualcosa di generalmente ( e aggiungerei erroneamente) associato ai bambini. L'infanzia in qualche modo è il periodo in cui si avverte maggiormente la magia e l'incanto delle Feste. Giocattoli, dolci, letterine piene di speranza dalla scrittura traballante.

Immaginate se quelle letterine fossero scritte non da un bambino ma da un anziano. Non su carta ma catalogate in un sito Internet, che diventa una cassetta della posta virtuale.

Non serve arrivare al Polo Nord per leggere questa lista dei desideri; vi basta digitare su un qualsiasi motore di ricerca InipotidiBabbonatale.it.

In men che non si dica, diventerete il Santa Claus personale di un adorabile nonnino.

Desideri piccoli, valore infinito

nipoti-babbo-nataleAngela, 93 anni, desidera poter stringere di nuovo una bambola di pezza perché era il suo unico giocattolo durante la guerra. 

Alfredo, Alberta e Aldina, rispettivamente 86, 93 e 90, vorrebbero della cioccolata (per Aldina però finissima perché sennò non la può masticare);

Giuseppina, 92, vorrebbe riassaporare il piacere di una cena con le amiche con annessa chiacchierata. 

Altri invece non desiderano oggetti.  Ad esempio Giuseppe, 76 anni, sogna di fare un’escursione nei boschi. Maria, 84, ha dovuto rinunciare a una carriera nella musica da soprano come il padre, baritono: ora vorrebbe qualcuno che suoni per lei.

Giuseppina, 85, ha avuto una vita difficile ma non vuole parlare di questo (specifica); o meglio, preferisce farlo durante il suo regalo: un’ora del tempo di chiunque, semplicemente per chiacchierare.

Non lasciare un nonno solo a Natale, potresti pentirtene

I nipoti di Babbo Natale, un progetto che scalda il cuore

nonno-regaloL'iniziativa I nipoti di Babbo Natale, organizzato dall’Associazione  benefica “Un sorriso in più” dimostra che, anche a novant'anni,  si può riscoprire la dimensione dell’ascolto di sè, comunicare ad alta voce i proprio sogni, grandi o piccoli che siano. Perchè non importa l'età, sognare ci rende vivi.

«L’idea ci è stata proposta da Katerina Neumann, una ragazza originaria della Repubblica Ceca – spiegano sul sito dei Nipoti di Babbo Natale i responsabili di “Un sorriso in più”. «La radio nazionale del suo paese ha realizzato e promosso questo progetto nel 2017. Hanno partecipato centinaia di case di riposo e quasi 14.000 anziani hanno visto realizzato un loro desiderio».

Non solo caffè: Napoli rinnova la tradizione col regalo sospeso

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Un’idea solo all’apparenza banale che tocca corde dell’anima profonde. Penso a mia nonna che, con i suoi 93 anni e le sue manine rugose confezionava i bigliettini con banconote annesse per ciascun componente della famiglia stretta. Mentre, ora che non c'è più, mi accorgo che il più grande regalo era averla con noi.

Un dono infatti non è mai solo qualcosa di materiale. La maggioranza di queste persone vivono in case di riposo, passando tante ore uguali a sé stesse, scandite dal ritmo dei pranzi e delle cene. Alcuni di loro, senza più nemmeno qualcuno che li vada a trovare.

Come faccio a diventare un nipote di Babbo Natale

i-nipoti-di babbo-nataleInnanzitutto si può scegliere se regalare un oggetto o un’esperienza. Successivamente viene inviato un modulo con i dati personali e i dati di consegna del dono. Infine puoi scegliere se spedire il tuo regalo o consegnarlo di persona.

Riceverai dunque una telefonata o una mail direttamente dalla struttura dove vive il nonnino/ la nonnina a cui hai scelto di fare il tuo dono per concordare le modalità di  realizzazione.

E in men che non si dica sei diventato… un nipote di Babbo Natale!

Non solo ricevere un regalo ma anche sapere che qualcuno li ha pensati e ha dedicato tempo e risorse per regalare loro un momento di felicità farà sentire i nonnini di nuovo importanti.

Io ho appena regalato un libro ad Anna Maria. Ma c’è ancora Ciro che aspetta un profumo o Gabriella che vorrebbe un lettore di audiolibri.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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