racconti di vita

I racconti di chi ha cambiato vita ✌

Dublino: organizzare concerti sotto i ponti

Suonare sul fiume in kayak

fiume-LiffyQuest’estate ho deciso di mettere in pausa il mio giro del mondo in bici e in barca a vela per raccogliere fondi per Hormigon Armado, la fondazione per cui ho fatto volontariato in Bolivia l’anno scorso. 

Sono così tornata in Irlanda, il paese del mio compagno, per raggiungere il mio scopo. E, con un po’ di fantasia e spirito d’iniziativa, mi sono inventata un modo completamente nuovo di visitare Dublino.

Jonathan, il mio ragazzo, è proprietario di una compagnia che offre tour in kayak sul fiume Liffey ( che sta a Dublino come il Tamigi sta a Londra, per intenderci) e, prendendo parte a uno di questi percorsi, mi sono accorta che sotto i ponti che attraversavamo c’era un’acustica incredible.

EUREKA!

concerti-kayakPerché non organizzare un concerto sotto ai ponti per spettatori in kayak? L’Irlanda è un paese sveglio e reattivo; appena comunicata la mia folle idea, senza alcun bisogno di recuperare permessi particolari, abbiamo avuto l’approvazione dal consiglio amministrativo della capitale. Mi sono subito cimentata a cercare artisti e promuovere l’evento.

Trovare musicisiti in Irlanda e come cercare “paglia in un pagliaio”: tutti suonano uno strumento e almeno uno su due lo fa bene.

 A quel punto avevo l’imbarazzo della scelta. Mi son potuta permettere di scegliere band o cantanti che suonassero solo musica originale, nessuna cover. L’evento sarebbe servito a anche a loro per farsi pubblicità (soprattutto considerando che il loro cachet andava interamente donato alla causa).

Il risultato? Strabiliante!

music-under-bridge

Abbiamo venduto ogni biglietto disponibile. Addirittura alcuni sono stati acquistati dai miei followers in Italia,nonostante non potessero partecipare fisicamente con lo  scopo unico della donazione.

L’atmosfera è assolutamente magica: si galleggia sotto i famosi ponti, attraccandosi al kayak del vicino per evitare di essere portati via dalla corrente. 

La maggioranza dei partecipanti aveva sempre e solo visto i ponti passandoci sopra. Si è ritrovata ad ascolatre jazz, bossa Nova e blues armonicamente intrecciati sotto le volte storiche della città.

musica-sotto-i-ponti

Il concerto è andato talmente bene che City Kayaking ha trasformatola mia idea in un evento ricorrente.  Musicisti sconosciuti, dopo aver visto i video dell’evento, hanno iniziato a contattarci candidandosi a suonare in uno spazio così unico.

I ponti, precedentemente utilizzati come collegamenti, sono diventati luoghi di esibizione in grande stile, aprendo infinite possibilità. Al momento stanno infatti organizzando tour con un poeta che racconta la storia della città in prosa, partendo proprio dai suoi ponti.

Se passerete per Dublino nei vostri futuri viaggi il “Music Under The Bridges” è diventata una delle  attività più “cool” che la città offre.

 

Un assaggio...

Music Under The Bridges: Under O'Connell Blues from Darinka Montico on Vimeo.

 

 

di Darinka Montico  

Blogger, traveller e autrice di libri

 

Ecco i suoi libri:

Walkaboutitalia: l'Italia a piedi, senza soldi, raccogliendo sogni»

Mondonauta»

mondonauta L'Italia a piedi senza soldi

 

 

 

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Casa è dove la costruisci. Il progetto di mutuo aiuto degli italiani in Australia

Un visto working holiday e tanta speranza.

alberto-sordiQuesto il kit base di un italiano emigrato in Australia, terra promessa degli ultimi anni. E se, oltre a voler fare un’esperienza l’intenzione è mettere radici, farsi strada tra burocrazia e nuovo stile di vita può diventare complicato.

Nonostante la volontà di integrazione con gli autoctoni, il primo SOS spaesamento si invia quasi sempre ai propri connazionali. Infatti, se non si ha il classico aggancio nel Paese di destinazione, può capitare di subire un vero e proprio choc culturale.

Cervelli in fuga riuniti

cervelli-in-fugaÈ ciò che è successo a Carlo Guaia, sangue palermitano, trasferitosi a Perth (capitale dell’Australia occidentale) nel 2012, subito dopo la maturità classica. «Quell’anno mio padre ha ottenuto un’offerta di lavoro come medico e a quel punto avevo due opzioni. O restare in Europa o seguire la mia famiglia» Sceglie la seconda opzione.

 

Nell’ambiente universitario di Scienze Politiche si confronta con individui provenienti da ogni parte del mondo. Ma un occhio rimane sempre puntato sull’inarrestabile flusso migratorio italiano.

«Negli ultimi anni ho notato che tanti giovani professionisti sono arrivati qui per cercare uno spazio nel loro settore» racconta. «E a differenza delle passate generazioni, oggi la nostra comunità non si divide più per regione di provenienza, anzi c’è grande voglia di collaborare tra i figli dei ‘vecchi’ migranti e gli italiani appena arrivati».

Fare rete

carlo-guaia

Cosa mancava dunque? Una bussola, un posto dove si potesse espletare questa volontà di mutuo aiuto. Un luogo di incontro dove connazionali, professionisti e ricercatori  potessero conoscersi e creare contatti.

Da questa intuizione nasce l’Italian Scientists  & Professionals Communityun network dove incontrarsi per scambiare competenze e realizzare progetti di cui possa beneficiare l’intera comunità.

Leggi anche: Come mollare tutto e trasferirsi in paradiso (senza farsi ingannare dal serpente)

«Abbiamo organizzato alcune serate nei mesi scorsi – racconta - è stato una maniera per conoscerci e capire la direzione che volevamo dare a questa iniziativa. E l’impatto è stato positivo. È un modo per capire come funziona il mondo del lavoro in Australia e per crearsi un network».

L’iniziativa non è passata inosservata al Governo australiano, che ha conseguentemente inaugurato dei bandi per la ricerca e lo sviluppo ad hoc.

Le testimonianze

Italian-scientists«Lavoravo in un grande hotel, bellissimo, ma non c’era speranza di ottenere un contratto lavorativo» dice Federica, 29 anni, emiliana doc, trasferitasi a Perth ormai sette anni fa con il marito olandese.

«Cercavamo un territorio neutro dove poter mettere a frutto i nostri studi. La scelta è ricaduta sull’Australia». Ma anche lì, inizialmente, non è stato facile: ad aspettarli, una lunga trafila di lavori, i più disparati, per approdare infine ad un’agenzia di design e web marketing. Finchè Federica non decide di mettersi in proprio.

Leggi anche: Lavori assurdi? Barista in bikini nelle miniere australiane

Quando ha sentito del progetto di Guaia ha subito voluto farne parte. «Di solito non mi lascio mai coinvolgere dalle iniziative italiane – spiega - ma ho capito subito che questa idea poteva funzionare». Lo spirito dell’Italian Scientists & Professionals’ Community l’ha colpita: «Credo molto nella trasmissione delle conoscenze e questa iniziativa ci permette di farlo – spiega -, non si tratti di semplici incontri ma di un progetto a lungo termine».

universitàNostalgia dell’Italia? Nessuna. «Vivendo all’estero ho capito che noi giovani accettiamo troppe cose senza ribellarci».

Discorso diverso per Danilo, 33 anni, che, con  un dottorato in informatica, ha comunque scelto di andar via dall’Italia perché le condizioni contrattuali non sarebbero mai state buone come in Australia. Sottolinea inoltre che nella terra dei canguri il legame tra università e lavoro è molto più forte. Nel Bel Paese gli atenei sono ancora eccessivamente roccaforti del sapere teorico.

«I professionisti che arrivano qui spesso non hanno contatti e vivono un periodo di spaesamento – ammette- Ma con questa iniziativa riescono subito a mettere le loro competenze a servizio della comunità. E, al contrario di quanto si creda in Italia, questo progetto dimostra che il settore privato e quello accademico possono incontrarsi e produrre ottimi risultati».

irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 

 

 
 

 

 

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Medellin non è solo Narcos: la rinascita di Comuna 13

Non solo criminalità

pablo-escobar Quando si sente nominare Medellin immediatamente si  pensa a Pablo EscobarMagari a Narcos, o a qualche film violento sui cartelli colombiani. 

Va bene, tutto questo fa parte della storia della città, inutile nasconderlo. Ma, come Corleone è sinonimo di mafia ma non è certamente solo quello, anche Medellin soffre di una brutta fama non sempre a ragione.

Infatti, nonostante l'immaginario comune che i prodotti audiovsivi hanno alimentato, in pochi sanno come questa zona sta vivendo un momento di forte riscatto.

Botero

Dimentichiamoci per un attimo il binomio Medellin/Escobar; quanti di voi sanno che ha dato i natali a uno degli artistipiù significativi di tutto il '900? Il grande Ferdinando Botero non solo è nato qui ma ha anche donato decine di statue dal valore di decine di milioni di dollari da esibire come arte pubblica. Le zone principali dell città sono ricche delle sue opere.

Il  centro non è una zona che consiglio di visitare  da soli dopo il tramonto. Purtroppo Parque de las luces e Plaza Bolivar sono ancora un covo di malintenzionati che apparentemente agiscono dopo il calar del sole.

Un quartiere in mano alle gang

medellin

Il quartiere simbolo del cambiamento in atto è Comuna 13. Immaginatelo come un’enorme favela costruita ai margini della città, in mano a cartelli, gang, paramilitari e gruppi ribelli. 

Isolati poveri dove in molti, per sopravvivere, hanno dovuto girare le spalle alla legalità senza aver più possibilità di tornare indietro. Pensate che Comuna 13 fino al 2009 è stato considerato il quartiere più pericoloso al mondo.

Operazione Orion

murales-comuna-13

Il governo colombiano, nel 2002, ha irrotto militarmente nel quartierecon l’operazione Orion

Obiettivo? Combattere la criminalità con la forza, facendo purtroppo centinaia di feriti e nove morti (di cui tre bambini). I 100.000 abitanti del luogo, non potendo portare all’ospedale chi era stato colpito, si sono arresi scendendo per le strade con tappeti bianchi.

La violenza non è cessata immediatamente ma piano piano artisti e musicisti locali hanno iniziato a diffondere messaggi di pace “graffittando” le case e trasformando l’intero quartiere in un enorme opera d’arte a cielo aperto.

La riscossa

 medellin-murales-2Comuna 13 finalmente non solo si è trasformato in un quartiere turistico, dove le mamme friggono empanadas ( fagottini di pasta ripieni di carne) e i figli le vendono dai balconi, ma sono state costruite scale mobili che lo attraversano da cima a fondo per facilitare ad abitanti e turisti l’accesso a questo labirinto di umanità e colori in continua espansione. 

Il cambiamento va raccontato. Sennò si rischia di creare stereotipi e condannare un luogo ad un'etichetta.

 

 

di Darinka Montico  

Blogger, traveller e autrice di libri

 

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