Un albero che si trasforma in spazio di co-working?
Succede a Londra , all’Hoxton Square. TreexOFFICE è un’installazione temporanea che unisce dimensione lavorativa e naturale. Opera dello studio londinese Tate Harmer, in collaborazione con gli artisti Natalie Jeremijenko, Shuster +, Moseley e gli ingegneri Tim Lucas Prezzo e Myers, offre l’opportunità di pensare un nuovo concetto di ufficio. Il design infatti migliora la fruizione di spazi verdi e consente di lavorare a contatto con la natura.
La struttura ruota attorno a un tronco d’albero e può essere affittata o
condivisa tra persone che abbiano bisogno di una postazione, ma anche sfruttabile da associazioni che necessitano di una sede temporanea. Nel bio-ufficio è presente la connessione wi-fi e otto postazioni per co-workers. La struttura portante, di 25 mq, è stata realizzata con carta pressata e pannelli traslucidi, materiali che consentono di far penetrare una luce completamente naturale. Lo spazio è pensato per essere smontato senza danni all'ambiente circostante.
L’idea si inserisce nel Park Hack Project, iniziativa promossa dalla capitale inglese per incentivare attività all’aria aperta e utilizzo di spazi verdi. I proventi ricavati dalle postazioni sono reinvestiti nel progetto stesso per la creazione di zone di condivisione dei parchi.
Sarebbe bello diventare tanti Tarzan in giacca e cravatta.


Le turbine eoliche però, benchè non siano reginette di bellezza, sono una delle fonti eco-sostenibili per eccellenza. La New Wind, società francese, ha creato il connubio perfetto tra gradevolezza visiva e energia pulita. Si chiama Wind tree
struttura, che può essere collegata alla rete pubblica o utilizzata per integrare la potenza elettrica di un edificio. Ogni albero dovrebbe costare circa 30.000 euro, ma se ne guadagnano altrettanti in termini di energia senza inquinamento e centrali elettriche. L’invenzione è in fase di sperimentazione; se il progetto funziona, potrebbero spuntare interi boschetti di wind tree verso Marzo, in piena capitale francese.
Vi siete mai chiesti da dove proviene il gustoso pesce che, dalla Norvegia, approda alle nostre tavole? Ormai è sempre più difficile pescare salmone selvatico. Lo stock presente nell’oceano Atlantico è in estinzione, quello del Pacifico in declino. Il pesce che finisce negli scaffali dei supermercati, secondo i dati pubblicati da un reportage di Slow Food, è al 90% frutto di allevamento intensivo. L' associazione ha infatti sottolineato i motivi per cui dovremmo evitarlo come la peste.
aggiunto al mangime per esigenze di mercato.
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