Farneticando

Il sarcasmo ha smesso di far ridere quando è diventato una moda

C’è un’anima trash in ognuno di noi

A cambiare è il modo in cui la decliniamo, e gli oggetti di cui si nutre. Qualcuno diventa spettatore seriale di reality show, altri entrano nel tunnel di Uomini e Donne, e i nostalgici degli anni Ottanta colmano il vuoto lasciato dalla "premiata" ditta Boldi-De Sica affidandosi a una nutrita fauna di sedicenti comici, tra cui Biagio Izzo, Checco Zalone e i Soliti Idioti.

La madre di Sherlock Holmes è sempre incinta

Telefono-Giallo-Corrado-AugiasPer quanto mi riguarda, essendo praticamente nata anziana, la mia scelta è stata differente. Pionieristica, a tratti, ma, a dispetto delle apparenze, difficile da condividere. Come ogni soggetto cervellotico, indugiare in congetture, ricostruzioni e supposizioni, ha su di me lo stesso effetto euforizzante della cioccolata. Tutto quello che è avvolto da un’aura noir e fumosa mi attrae irresistibilmente, forse perché sono cresciuta a pane e Telefono Giallo, trasmissione di fine anni Ottanta su delitti italiani irrisolti condotta dal sommo Corrado Augias

Con il senno di poi credo che all’epoca trovassi magnetico il contrasto tra l’aplomb, il garbo e la pudica scrupolosità del giornalista nel ricostruire i fatti, e il dibattito finale, che, coinvolgendo magistrati, avvocati difensori e spesso anche i diretti interessati, inevitabilmente si coloriva. La miscela che ne scaturiva era a tratti esilarante, naif se si vuole, ma comunque istruttiva.

L’appetito vien mangiando, e quindi anno dopo anno la mia conoscenza della materia si è affinata: quando ancora non avevo 18 anni non mi perdevo già una puntata di trasmissioni come Chi l’ha visto?Blu Notte Misteri Italiani. Insomma, mille e una sfumature di giallo comprese nell’ampio spettro che racchiude spaccati di provincia pasoliniani, dinamiche degne di un film porn soft anni Ottanta (se non fosse che qualcuno ci ha rimesso le penne) e storie da poliziottesco.

Se il sarcasmo è come ‘a livella

Fan-Un-Giorno-In-PreturaUn giorno, per caso, ho scoperto che su Facebook c’è un gruppo di persone che, come me, seguono Un Giorno In Pretura. La trasmissione, da sempre condotta da Roberta Petrelluzzi, ripercorre i processi di cronaca nera attraverso i passaggi salienti delle relative udienze e sentenze. 

Nelle prime settimane ho commentato i post del gruppo con una certa assiduità, trascinata dall’euforia determinata dal fatto di aver scoperto qualcuno che parlava la mia stessa lingua. Ben presto però, mi sono accorta che l’aria stava cambiando. 

La goliardia indirizzata nei confronti delle surreali dichiarazioni di testimoni e imputati, come pure di giudici stoicamente pazienti, ha lasciato il posto a qualcosa di diverso e, secondo a me, a tratti inquietante. 

Non solo si sono cominciati a estrapolare da profili Instagram e Facebook contenuti relativi alla vita quotidiana di persone coinvolte a vario titolo in questi processi, ma la coltre di sarcasmo di parecchi utenti ha cominciato ad abbracciare indistintamente testimoni, vittime, giudici e imputati/carnefici. 

Definire icone, seppur ironicamente, persone che hanno ucciso, stuprato, indotto alla prostituzione, elevarle a pilastri della trasmissione non solo non mi fa sorridere, ma mi provoca anche un brivido lungo la schiena. Così, a malincuore, ho deciso di smettere di interagire nel gruppo. 

L’episodio mi ha però fatto prendere coscienza, con una certa brutalità, di quanto fosse stato lungimirante lo scrittore David Foster Wallace. Già 20 anni fa, infatti, nel saggio E unibus pluram, ci aveva messo in guardia rispetto ai rischi connessi a un uso indiscriminato dell’arma del sarcasmo.

L’ironia è una modalità comunicativa a cui si ricorre in situazioni di emergenza. Se però si cristallizza (e diventa una posa, aggiungo io) equivale alla voce del detenuto che si ostina a trovare del buono nella propria cella. David Foster Wallace citava questo passaggio di Lewis Hyde per sostenere la sua tesi. 

Il sarcasmo è come il sale. A piccole dosi conferisce carattere e spessore, ma, se viene dispensato in quantità massiccia, appiattisce la nostra percezione, impedendoci di cogliere complessità e varietà. Impigrisce il cervello, perché lo fa lavorare in modo superficiale, e ci rende vulnerabili a uno dei morbi più diffusi e pericolosi della contemporaneità, ovvero la presunzione.

La vera scelta fuori dal coro è addomesticare il demone sarcastico che alberga in noi, e riscoprire il gusto dell’empatia. Magari ci farà perdere un po’ di followers, ma ci restituirà parte del caleidoscopio di odori e colori che costituiscono il reale.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

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Come trasformare la guerra dei sessi in una vittoria per tutti?

Mettere piede in uno studio medico non è mai piacevole

Chiunque, potendo scegliere, preferirebbe impiegare il tempo dedicato a un consulto specialistico ad attività rilassanti e divertenti come un caffè tra amici, una mostra, o una gita fuori porta.

A incidere in modo sostanziale sul coefficiente di sgradevolezza di una visita medica concorrono svariati fattori, tra cui il tipo di consulto e l’approccio dello specialista a cui ci affidiamo. Così, gli scenari splatter vagheggiati prima di varcare la soglia di uno studio dentistico finiscono per essere quasi auspicabili, se confrontati con i possibili sviluppi di una visita ginecologica.

La mamma delle bizzoche è sempre incinta

Confesso di nutrire da sempre una certa diffidenza verso la sanità pubblica. Per anni mi sono chiesta se questo sentimento derivasse dall’ipocondria o fosse invece, più banalmente, conseguenza di esperienze poco felici con i medici convenzionati. Negli ultimi mesi, inaspettatamente, il caso ha congiurato per darmi una risposta, attraverso racconti e confidenze di amiche e conoscenti.

Ad accomunarle, lo scotto provocato dal mix di atteggiamenti bigotti, giudizi non richiesti e commenti in materia di maternità (e non solo) fuori luogo gentilmente offerto dai consultori. In confronto, la manualità degna di un camionista che ho sperimentato durante l’unico esame specialistico effettuato presso ASL circa 10 anni fa è apparsa quasi tollerabile.

Partendo dalla doverosa premessa che non è mia intenzione generalizzare o trinciare giudizi sulla sanità pubblica, che certamente presenta aree di eccellenza e professionisti umani e competenti, un fatto emerge con chiarezza. Un ambito quale quello della sessualità deve essere gestito da figure in grado di scindere l’aspetto sanitario da qualunque commento o valutazione personale collaterale. Ovvero, pago il ticket per fare il pap test e prevenire patologie che potrebbero compromettere la mia salute, non certo per sorbirmi la ramanzina di sconosciuti. Sconosciute, per la precisione.

Ho optato da tempo per un ginecologo privato: dover rinunciare a qualche uscita o a un pomeriggio di shopping mi pesa meno, se so di farlo per assicurarmi il supporto di uno specialista scrupoloso e che non parte per la tangente. Poco importa che appaia un po’ burbero.

Solidarietà femminile, questa sconosciuta

Gelosie-femminiliRipensando alle numerose conversazioni sul collezionate sul tema, è stato inevitabile constatare, a malincuore, che effettivamente per noi donne è spesso difficile sviluppare autentica empatia. Dinamiche di competizione inconscia, come pure la tentazione di salire in cattedra esercitando una sedicente superiorità, per molte rappresentano un automatismo.

Si tratta quasi certamente di retaggi culturali, degli effetti collaterali di un’educazione spesso caratterizzata dal fatto che, quando un uomo agisce scorrettamente verso la sua compagna, si punta il dito contro l’altra, deresponsabilizzando completamente chi fino al giorno prima diceva di amarci.

 

Parità tra i sessi: NON basta la parola

Sconfortante ma vero. Ripetere come un mantra un’affermazione, colonizzare l’immaginario collettivo con una certa immagine, induce inevitabilmente la convinzione che tale rappresentazione abbia la consistenza di una realtà.

Violenza-donne

Così, l’icona imperante della bad girl, della donna che per sentirsi cool è impegnata in un costante braccio di ferro metaforico con gli uomini, accompagnato da una sistematica sessualizzazione, ha generato l’illusione plastificata che secoli di discriminazioni e abusi siano stati improvvisamente polverizzati. La quotidianità racconta però una storia diversa, fatta di femminicidi, processi sommari camuffati da visite ginecologiche, e casi cinematografici quali la saga delle Cinquanta Sfumature di.

Collezionare flirt come fossero paia di scarpe o orecchini non ci aiuterà a disintegrare il soffitto di cristallo. Tantomeno ci risparmierà commenti subumani del tipo “te la sei cercata” se subiremo attenzioni non gradite su un bus notturno mentre torniamo a casa.

La chiave di un reale cambiamento sta nelle mani di noi donne. Ognuna fare la propria parte. Chi è madre di figli maschi, ad esempio, partendo dalla loro educazione. Tutte, a mio modesto avviso, dovremmo avvertire – innanzitutto verso noi stesse – un imperativo categorico. L’eguaglianza tra persone non può prescindere dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle peculiarità dei generi, come pure dalla sincera volontà di ascoltare e comprendere l’altra versione della storia. Quella vissuta e raccontata dagli uomini.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

 

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Dubbi di salute? Dimentica Mister Google e segnati questo sito

Ci sono date che sono spartiacque

Per quanto mi riguarda, credo che difficilmente dimenticherò il mio 27esimo compleanno. Era febbraio 2010: il 15, per la precisione: mentre in tv c’era Ballarò cominciava la mia via crucis in bagno. I giorni a seguire furono scanditi da lancinanti dolori all’addome e, mio malgrado, dovetti sottopormi a svariati esami.

Ipocondria-Formica-ArgentinaPer me che avevo avuto la fortuna, in precedenza, di godere di una salute di ferro, il contraccolpo psicologico fu notevole. Inconsciamente sapevo da sempre di essere ipocondriaca, ma questa parte di me altamente suggestionabile era rimasta sopita…fino a che, quell’anno, l’incontro ravvicinato con ospedali e chirurghi la fece emergere con la virulenza di una peperonata mal digerita.

Era un venerdì pomeriggio quando andai a ritirare gli esami del sangue prescritti dal medico di base. Avrei dovuto aspettare il lunedì seguente per farglieli leggere e sperare di ottenere un responso sul mio persistente malessere. Purtroppo però l’ansia ebbe la meglio, e così finii su Google a cercare la causa dei globuli bianchi (per me inspiegabilmente) alti.

Senza dilungarmi in foschi e angosciosi dettagli, la Rete mi vomitò addosso diagnosi tutt’altro che lusinghiere, che ovviamente nella mente di una non addetta ai lavori già terrorizzata come me assunsero le sembianze di verdetti di morte pressoché certa. Il lungo weekend di paura culminò fortunatamente con un lieto fine: il medico mi diagnosticò un’appendicite.

Tuttavia il panico che mi aveva investita come un treno mi scioccò non meno di quando un bambino mette le dita nella presa di corrente. Così, da allora non ho più ceduto alla tentazione di interrogare Google per verificare se i sintomi che avverto mi uccideranno o no. Quando il dubbio mi macera, interpello direttamente lo specialista di riferimento; a differenza del Web, la risposta non è assicurata e/o automatica, ma quantomeno, laddove c’è, ridimensiona le mie truculente fantasie suggerendo tutt’al più un controllo.

Diffidare dei tuttologi caritatevoli

Ipocondria-Formica-ArgentinaTenersi alla larga dalla pagina di ricerca di Google, tuttavia, non è sufficiente, per scongiurare diagnosi mediche tanto estemporanee quanto ultimative. Può infatti risultare ancor più devastante l’esposizione ad amici e conoscenti pronti a raccontarti della loro cugina di terzo grado che, a seguito del tuo stesso sintomo, e a dispetto di check up continui, è morta nel giro di qualche mese. D’altra parte, l’esperienza - e innumerevoli weekend trascorsi sotto il segno del terrore - insegnano che l’unica persona che ha voce in capitolo è il medico, colui il quale, peraltro, si guarda bene dall’ostentare e dispensare certezze fino a quando non ha a disposizione una quantità sufficiente di esami e referti.

Dottore, ma è vero che? La formula contro le leggende metropolitane

Finalmente qualcosa si muove per contrastare l’emorragia di bufale mediche “gentilmente” offerte dalla Rete, grazie al sito sito Dottore, ma è vero che? patrocinato dalla Federazione dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO).

Ipocondria-Formica-ArgentinaEmblematico, in tal senso, il fatto che, per controbattere alle fake news, sia stato scelto proprio quello che è il loro principale veicolo di “trasmissione”. Dottore, ma è vero che? mette a disposizione articoli chiari ed esaustivi, facilmente fruibili dall’utente medio del web e correlati da una bibliografia di riferimento utile a chi vuole (e può) approfondire la materia.

Contestualmente, vengono suggeriti e illustrati una serie di criteri finalizzati a valutare la qualità delle informazioni mediche contenute nei siti Internet.

Accrescere la consapevolezza dei cittadini sulle tematiche connesse alla salute non solo irrobustisce gli anticorpi della società contro sedicenti santoni, medicine “alternative” e leggende metropolitane, ma costituisce anche la premessa indispensabile per arginare il ricorso compulsivo a visite e check up da parte di chi non ne ha reale bisogno. I medici di base saranno così probabilmente sollevati dall’onere di ricevere a cadenza ravvicinata i “soliti noti”…sperando che questo snellimento dei flussi migliori la comunicazione e l’assistenza offerta agli assistiti che non sono malati immaginari.

 

Francesca Garrisi     

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