Nutrizione e benessere ☚

La salute del cervello? Il contatto con la natura è una medicina (letteralmente)

Il colore della libertà? È il verde

Giardini-terapeuticiLa prima e più immediata prova di questo è rappresentata dal fatto che viene utilizzato sui semafori per indicare che è possibile passare. I messaggi positivi a cui è associato, però,  sono molteplici. È stato infatti dimostrato che il verde conferisce calma, aiuta a rilassarsi e abbassa i ritmi cardiaci. Non è un caso, quindi, che uno studio congiunto della Perelman School of Medicine e della School of Arts and Sciences dell’Università della Pennsylvania abbia indicato l’esistenza di un nesso tra aree green e salute mentale.

541 lotti abbandonati, tre sorti diverse

Lo studio, pubblicato su Jama Network Open, ha preso le mosse dalle azioni effettuate su centinaia di aree incolte all’interno della città. Ciascuna di queste è andata incontro a uno dei seguenti destini: recupero e allestimento del verde, eliminazione dei rifiuti, mantenimento dello stato di abbandono.

I lotti del primo gruppo, ad esempio, sono stati liberati dall’immondizia e sottoposti a manutenzione mensile costante, dopo aver piantato erba e alberi. In quelli del secondo gruppo, invece, la ripulitura è stata affiancata dalla falciatura limitata della vegetazione.

L’esposizione al verde ossigena il cervello

Questo, in breve, il risultato a cui sono giunti i ricercatori statunitensi, che hanno effettuato uno screening delle condizioni di salute mentale dei cittadini di Filadelfia 18 mesi prima e 18 mesi dopo gli interventi sui lotti abbandonati.  Lo strumento utilizzato per il monitoraggio è stato il Kessler Psychological Distress Scale (K6).

Giardini-terapeuticiÈ così emerso che quanti vivevano nel raggio di 400 metri dalle aree riqualificate hanno visto diminuire in media del 40% la percezione di depressione rispetto a chi era esposto alle zone rimaste in condizioni di degrado. Una riduzione di oltre il 60% ha riguardato invece le altre patologie psichiche.

Il dato, se possibile, ancora più emblematico, è che il calo è arrivato quasi al 70% nei casi in cui il verde è stato allestito in aree  caratterizzate da povertà. Peraltro, le percezioni di chi era a contatto con zone semplicemente ripulite dai rifiuti non si sono discostate molto da quelle di chi era vicino ai terreni in stato di abbandono.

Insomma, promuovere il verde all’interno delle aree urbane è fondamentale non solo per contrastare le patologie psichiche, ma anche per ridurre le disparità socioeconomiche.

I giardini terapeutici: la salute va fatta fiorire

Ripristinare il corretto funzionamento del corpo non dipende soltanto dall’assunzione di medicine. Si può fare molto, infatti, anche intervenendo su fattori quali l’umore e l’equilibrio mentale.

Basti pensare agli healing gardens anglosassoni approdati in Italia sotto forma di giardini terapeutici. Una soluzione adottata sempre più spesso da ospedali, centri diurni e case di cura.

I giardini terapeutici si caratterizzano per la presenza di fonti d’acqua e di percorsi circolari privi di ostacoli e zone nascoste. Questo è fondamentale per infondere fiducia e facilitare il rilassamento.

Tali aree vengono allestite non solo per stimolare i cinque sensi, ma anche per favorire la vicinanza e l’integrazione con la natura e il rafforzamento dei rapporti tra individui. Quando siamo immersi nel verde, inoltre, il nostro corpo produce endorfine e sostanze endogene che contribuiscono al benessere psico-fisico.

Giardini-terapeutici

A livello medico è stato provato che l’esposizione ai giardini terapeutici contrasta i sintomi da deficit dell’attenzione e iperattività nei bambini, e riduce i tempi di recupero connessi a interventi chirurgici o episodi traumatici. Contestualmente sono stati riscontrati effetti benefici rispetto all’Alzheimer e ad altre patologie degenerative, come pure rispetto al diabete.

All’interno dei giardini terapeutici è consigliabile coltivare piante come la lavanda, il rosmarino, il timo e la bouganville.

La nostra epoca è caratterizzata dall’uso massiccio di psicofarmaci; molti credono di poter “spegnere” problemi e infelicità semplicemente assumendoli, come se si trattasse di un interruttore .Quasi mai, però, il malessere scompare, se non ci diamo da fare concretamente per cambiare le abitudini sbagliate che intossicano i nostri giorni. Portare un po’ di verde nella quotidianità è un primo, importante passo in questa direzione.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

Dolce o salato? Ciò che mangi rivela la tua carenza emotiva

Il cibo è carburante

RatatouilleRecita una battuta del film Ratatouille. Lasciate stare che a pronunciarla è un topo, ma si tratta pur sempre di una storia sull’importanza del buon cibo e l’amore per la cucina.

Tuttavia, nella sua semplicità, espone un assunto importante: mangiare non riguarda semplicemente un apporto di energia. Mente e corpo hanno un legame indissolubile e mai frase fu più vera del siamo ciò che mangiamo.

Il cibo è infatti indice diretto del nostro stato d’animo. Pensate al nostro primo nutrimento: il latte materno. 

Fior fiore di psicologi dicono che già da questo processo e dal fatto che avvenga o meno in maniera naturale dipenderà in parte la qualità delle nostre relazioni future: affetto, comprensione, sicurezza.

Chi ad esempio è stato allattato con latte artificiale ha maggior rischio di presentare problemi di ansia, nervosismo e insicurezza.

Quindi non vi sembri strano quando dico che il cibo è legato alle relazioni. Pensate ad esempio a quando decidete di preparare la cena al vostro partner o un manicaretto per gli amici: il tempo che impiegate non è forse direttamente proporzionale all’affetto che provate per il destinatario?

Inoltre uno dei rituali riconosciuti per rafforzare una relazione o stringere legami (e lo dico da brava siciliana) è offrire cibo o ritrovarsi davanti a una tavola imbandita.  

Sei ciò che mangi

arcimboldoIl legame cibo-balsamo per l'anima è decisamente comprovato. Così anche la tipologia di cibo che assumiamo in eccedenza è in realtà indice di qualcosa di cui avremmo bisogno, una mancanza inconscia che cerchiamo di colmare. 

Stamattina infatti, mi è balenato sotto gli occhi un interessante articolo sulla classificazione dei cibi in base al valore che hanno per il nostro animo e a ciò che vorremmo compensare quando ne assumiamo una determinata tipologia. Eccola qui:
 
  • Cibi morbidi: integrazione affettiva
  • Cibi croccanti: portano un’informazione di grinta e resilienza
  • Alimenti dolci: tutti sappiamo che sono consolatori ma in ogni caso riportano a un desiderio di regressione, dipendenza e accudimento.
  • Cibi salati: rinforzano un comportamento maturo e indipendente.
  • Piatti semplici? Rivelano un bisogno di chiarezza. Pietanze elaborate? Necessità di integrazione di aspetti diversi e complessi. Inoltre i piatti di origine animale portano con sé bisogno di forza, i vegetali di leggerezza.
  • Latte e latticini sarebbero legati alla figura della madre. I cereali invece andrebbero ricollegati alla figura del padre.
  • I tuberi invece rappresentano il nostro nucleo originario, le forze depositate nella terra, le nostre radici. I germogli come quelli di soia l’esplosione di una nuova energia, il nuovo che deve ancora prendere forma.

Non cosa ma come

fame-nervosaInoltre anche il modo in cui il cibo ci è stato somministrato è indice della qualità delle emozioni sottostanti.

Se ad esempio da bambini, come premio per l'esser stati tranquilli ci è sempre stato dato un ciuccio per distrarci dai capricci e tenerci occupati in qualcosa, per altre ragioni che nulla avevano a che fare con la nostra fame fisiologica, cercheremo sempre un palliativo, un sostituto. 

Ogni volta che abbiamo una carenza alimentare tenderemo ad aprire il frigo per avere una risposta compensatoria a quel disagio, che sia noia, rabbia, ansia o solitudine.

Queste sono solo indicazioni di massima ma sotto c’è comunque la necessita di dare un valore effettivo a ciò che mangiamo, perché la consapevolezza è il primo passo per un’alimentazione adeguata e dunque una voglia di prendersi cura di sé stessi.

Riflettiamoci la prossima volta che, presi da fame nervosa, addentiamo un bignè o spazzoliamo un pacco di salatini alle quattro di notte.

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

 

Continua...

Tutti pazzi per i prodotti ecofriendly. E le aziende ringraziano…

Verde è sano. Forse

EcofriendlyFormicaArgentinaCertamente, fa rima con cool. Indiscutibilmente, negli ultimi anni è diventato una vera e propria tendenza, uno stratagemma per accreditare come friendly il proprio modo di stare al mondo, qualunque cosa significhi.

Tradotto in termini di marketing ciò significa che i prodotti green (o sedicenti tali) movimentano un volume d’affari cospicuo. Sono diventati, dal lato dell’offerta, un vero e proprio business. Secondo un report dell’Osservatorio Immagino, assorbono infatti il 5,5% di quanto spendono gli italiani per la cura della casa.

 Cinquanta sfumature di verde

 

GreenFormicaArgentinaSenza fosfati, biodegradabile, nickel free. Le declinazioni possibili sono in continuo aumento, come ha rilevato la suddetta ricerca, che offre tra l’altro una disamina delle etichette di prodotti quali detersivi per bucato, per stoviglie e superfici, e deodoranti per ambiente.

Un dato spicca su tutti: i prodotti corredati dalla dicitura “meno plastica” hanno registrato un vero e proprio boom di vendite (+30% circa). L’Osservatorio Immagino ha peraltro rilevato sette categorie ecofriendly, alcune delle quali spesso utilizzate simultaneamente.

L’intento delle aziende è accrescere sensibilmente agli occhi del consumatore la percezione della propria autorevolezza e qualità, così da avere ricadute positive sul fatturato. Un esempio? Quando sull’etichetta compaiono più di tre categorie green, le vendite segnano un’impennata del 60% circa.

Quali fattori rendono un prodotto davvero ecofriendly?

Come ha sottolineato l’associazione Altroconsumo, a fare la differenza non sono solo gli ingredienti dello stesso, e le materie prime che compongono la confezione, ma anche – anzi soprattutto – l’utilizzo finale.

GreenFormicaArgentinaNelle scorse settimane l’organizzazione di tutela dei consumatori ha diffuso i dati relativi ai test effettuati su alcuni prodotti presentati come green. È così emerso che solo 3 su 12 detersivi per pavimenti erano effettivamente privi di elementi nocivi per l’ambiente. Altroconsumo ha inoltre suddiviso in tre categorie i prodotti analizzati: detergenti verdi (contenenti tensioattivi naturali e biodegradabili), parzialmente green (ai tensioattivi naturali se ne sommano altri di derivazione petrolchimica) … ed ecofriendly solo nel packaging.

Il volume di affari movimentato da questi ultimi è da attribuire in larga parte al greenwashing, e cioè al fatto che, tanto sapientemente quanto genericamente, il marketing li presenta come genuini e naturali. Espressioni quali “rispetta l’ambiente” equivalgono ai classici ombrelli semantici in grado di racchiudere talmente tanti (ed eterogenei) concetti, da non significare nulla.

Per evitare di cadere nella trappola, quindi, è necessario leggere attentamente le etichette, e cercare simboli quali FSC ed Ecolabel, il marchio di qualità ecologica che fa riferimento all’Unione Europea.

Vuoi verificare che il detersivo per pavimenti che hai comprato sia davvero green? Consulta il database dell’ICEA (Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale).

Peggio di un detersivo pieno di tensioattivi nocivi c’è solo quello che si “veste” da buono, che paghi l’equivalente di una pizza capricciosa…e che se disgraziatamente entra in contatto con la tua pelle ti trasforma in Pimpa.

Francesca Garrisi

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 
 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci