Era meglio nascere stupidi?

Il paradosso della stupidità

Immagina di essere a capo di un’azienda e di dover assumere un nuovo collaboratore.

Preferiresti una persona curiosa, che vuole sapere tutto della tua attività, che propone le sue idee e che non ha paura di dire quello che pensa? 

O una persona che sta al suo posto e fa solo ciò che le viene chiesto, senza porsi – e porre – troppe domande?

Se rientri nel secondo caso, sappi che la tua strategia non porterebbe risultati duraturi.

Gli studiosi André Spicer e Mats Alvesson, nel libro The Stupidity Paradox, hanno analizzato le conseguenze a lungo termine del comportamento di alcune aziende, che tendono a scoraggiare in modo più o meno sottile la creatività e l’intraprendenza dei propri dipendenti.

Lavoratori ridotti al rango di automi, a cui vengono affidati compiti che essi devono svolgere senza potersi chiedere perché, senza poter riflettere sulla loro funzionalità al raggiungimento degli obiettivi.  

Dipendenti-marionette mossi dai fili dell’impresa, privati della propria capacità di ragionare e di risolvere i problemi autonomamente.

A cosa serve un lavoratore senza la sua intelligenza?

Se lavori e stai zitto, se non poni domande che potrebbero sollevare dubbi e criticità, e se i tuoi colleghi sono disposti a fare altrettanto, i tuoi capi non vengono messi in discussione e il lavoro procede in modo più efficiente (il paradosso della stupidità, appunto). Ma ciò è vero solo all’inizio.

La strategia del “non pensarci, fallo e basta” a lungo andare può rivelarsi pericolosa. Il rischio, infatti, è che i lavoratori, perdendo l’abitudine di fare domande e di cercare di risolvere i problemi con la propria testa, i problemi finiscano col non vederli affatto.

Il paradosso della stupidità nel rapporto di coppia

Il paradosso della stupidità potrebbe essere studiato anche nelle relazioni amorose: meglio un partner che non ha paura di esprimere le proprie opinioni, anche se non sempre concordano con le tue, o un altro sempre pronto a compiacerti e ad assecondarti, senza contraddirti mai?

Privati della nostra capacità di pensare e di interrogarci perderemmo quel che più ci rende umani, spegnendo con un costante flusso di monotonia il fuoco che tiene acceso ogni rapporto.

Al lavoro come in amore, non riesco a immaginare come possa esserci una crescita senza mettersi in discussione, senza conflitto, senza essere pronti a confrontarsi e ad imparare qualcosa l’uno dall’altro.

E poi, francamente, quanto sarebbe noioso un collega o un fidanzato che la pensa sempre come te, che ti dà ragione su tutto? Non so te, ma io scapperei a gambe levate! 

 Rosa Cambara
 Blogger intrepida

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