Sorelle della jihad: il terrorismo al femminile che passa dai social

Pensavate che la violenza del terrorismo fosse prerogativa maschile?
Mostrare interesse per  fucili e bombe più che per vestiti e mobili di pregio è il lasciapassare per diventare sorella della jihad. Se gli uomini vanno a combattere, le donne si occupano di propaganda di dottrina e ideali delllo Stato islamico. Fa rabbrividire  che gli stessi strumenti che utilizziamo quotidianamente per postare innocui piatti di pasta o foto di  serate con gli amici possano diventare strumento di morte. 
 
 Youtube contiene un canale appositamente dedicato a chi vuole diventare sostenitrice; un video spiega filosofia dell’istituzione e nuove frontiere del reclutamento. Le donne già arruolate rispondono ai tweet, esaltando le gioie della rivoluzione islamica. Molte  sono ancora adolescenti  e attraverso i cinguettii, ma anche su Tumblr e Kik (sistema di messaggistica simile a Whatsapp) si scambiano versetti del Corano, dichiarazioni di predicatori radicali e contatti con le referenti.  I social servono per rimproverare  i musulmani che  vivono in Occidente e non si uniscono allo Stato islamico, ricordandogli che è un loro dovere farlo. Alcune pubblicano scene di vita quotidiana, raccontando com’è bella la vita sotto il regime fondamentalista.   Non mancano tweet che esaltano decapitazioni e pratiche violente; diversi contenuti fanno infatti riferimento agli abusi compiuti dalle truppe NATO nelle carceri di Guantanamo e Abu Ghraib. Altre scherzano tra loro sui cadaveri che vedono, oppure festeggiano in occasione dell’11 settembre. Facebook e Twitter tentano di bloccare gli account, ma ne vengono creati subito di nuovi. 
 
Le sorelle della jihad sono destinate a un matrimonio-lampo con i combattenti. In Siria hanno addirittura aperto un’agenzia per le donne che vogliono trovare un marito mujaheddin, per poi allevare  e crescere i figli secondo  i principi dello Stato islamico.  Tuttavia anche i fondamentalisti stanno “allargando i loro orizzonti”; organizzano infatti  corsi esclusivamente femminili su utilizzo e pulizia delle  armi. Le donne momentaneamente non possono combattere ma è lecito proporsi per attentati suicidi;. Anzi. Dal momento che vengono considerate più innocue degli uomini, passano maggiormente inosservate.
 

La manifestazione più terribile di quest’avanzamento di livello sono le brigate femminili Al-Khansaa e Umm Al-Rayan, composte da circa 60 membri, dai 18 ai 25 anni.  I gruppi hanno il compito di ispezionare le donne che transitano e fargli rispettare una condotta morale rigorosa. Se altre donne non indossano il niqab, copricapo che lascia scoperti solo gli occhi, vengono fustigate dalle combattenti. Le brigate fanno molta presa perché vengono viste come uno strumento di emancipazione, un modo di essere parte attiva del regime.  
 
Dall’analisi del fenomeno c’è da chiedersi se il terrorismo non sia figlio del nostro tempo, una violenza che passa anche da strumenti virtuali e quindi  maggiore  perchè staccata dalla sua fisicità. Fredda e impersonale, senza la reale percezione di quanto le proprie parole possano avere peso. 
 
 
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