La Start Up

Bioscarf, la sciarpa intelligente che potenzia il tuo sistema immunitario

Se chiedi a chiunque mi conosca qual è l’accessorio che mi caratterizza  maggiormente è...la sciarpa!

scarf15Colorata, fantasia, a tinta unita. Leggera, di lana grossa, estiva, invernale. Un vero e proprio feticcio.

È anche vero però che le morbide protettrici del nostro collo sono spesso ricettacolo di germi e batteri. Mentre non ce ne accorgiamo, strisciano dappertutto, raccogliendo pulviscolo e chissà cos'altro.

Quindi appena ho letto che è stata inventata la sciarpa anti-smog, acessorio intelligente che protegge da inquinamento atmosferico, allergeni e infezioni virali ho pensato: "Wow, dev'essere mia!"

Wi-fi gratis? Solo se diminuisce lo smog

La sciarpa anti-smog

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Si chiama Bioscarf ed è stata pensata come un accessorio utile alla salute, ma senza dimenticare bellezza e stile: lunga 2 metri e larga 20 centimetri, è in grado di bloccare il 94%  degli inquinanti presenti nell’atmosfera, allontanando i virus responsabili di influenza e raffreddori.

Grazie al suo tessuto particolare, protegge dall’inquinamento atmosferico, dagli allergeni e dalle infezioni virali. Un’ottima sostituta delle comuni mascherine che abbiamo visto spesso indossare nelle grandi città.

Chi ha inventato Bioscarf

bioscarf1L’idea è di Hazel Solle, imprenditrice originaria del Costa Rica, che racconta: «Mio marito, durante un viaggio in Cina si è ammalato a causa della scarsa qualità dell’aria e dell’inquinamento atmosferico. Il medico gli aveva consigliato di utilizzare una comune mascherina».

Ma Hazel non le tollerava, in quanto ti fanno sembrare malato. Ha così ripensato a aquando confezionava sciarpe per le bambole che possedeva da piccola. E ha avuto la scintilla.

Perché non creare un prodotto capace sia di svolgere il normale compito di una bella sciarpa, offrendo anche la protezione di un’apposita mascherina? E in men che nn si dica è nata Bioscarf.

Il prodotto è oggi disponibile in quattro colorazioni: nero, verde, bianco e mimetico.

Dall'America il primo grattacielo mangia-smog

Come funziona Bioscarf

bioscarf15Bioscarf incorpora un filtro in grado di trattenere mediamente il 99, 75% di tutte le particelle aerodisperse di dimensioni pari almeno a 0,1 micron che, tradotto, significa una protezione contro particelle presenti nell’aria, fumo, polline, pelo di animali domestici ma anche contro polmonite, streptococco, influenza e persino tubercolosi.

Di cos’è fatta Bioscarf?bioscarf17

La sciarpa è prodotta utilizzando poliestere di alta qualità e, grazie alla sua particolare progettazione, se posta sul viso è in grado di filtrare, secondo quanto dichiara l’azienda, il 99, 75% del particolato nell’aria.

Acquistare una Bioscarf è anche un gesto di altruismo.  Per ogni sciarpa comprata infatti l’azienda si impegna a darne una in beneficenza. Prezzo? Modico: 39 dollari l'una.

Ogni anno milioni di persone muoiono a causa della cattiva qualità dell’aria e delle malattie legate all’inquinamento atmosferico. Oltre due miliardi di bambini infatti respirano aria tossica. Le emissioni dei veicoli, l’uso di combustibili fossili, la combustione di rifiuti e polvere creano un mix pericoloso. A volte persino letale.

«Poiché molte di queste persone non hanno le risorse per proteggersi, doniamo sciarpe a chi è a rischio in tutto il mondo con il Plus One Program» spiega Hazel Solle. In pratica per ogni sciarpa comprata ne viene regalata una in un Paese a rischio.

Bioscarf può diventare un pratico alleato di salute per molte persone soggette ai rischi connessi alla scarsa qualità dell’aria delle zone in cui vivono.

Praticità, estetica e funzionalità. Geniale, no?

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di Irene Caltabiano

 

 

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La plastica ci sommergerà! Ma c'è chi ci sta facendo un business.

Una startup americana crea Rothy’s ha iniziato la creazione di scarpe fatte con la plastica riciclata 

plastica_rifiutiDall’idea di due imprenditori californiani, Roth Martin e Stephen Hawthornthwaite nascono le prime scarpe modello ballerine realizzate totalmente con la plastica delle bottiglie usate. 

Dopo circa tre anni di ricerca e sviluppo, il risultato dei due imprenditori è stato la creazione di scarpe che non solo aiutano l’ambiente ma che sono anche belle e comode.

Come vengono prodotte le scarpe con la plastica riciclata?

Roth_Martin_Stephen_HawthornthwaiteLe scarpe Rothy’s sono realizzate con stampa 3D invece che con il tradizionale metodo di taglio e cucitura. Il processo di produzione inizia con l’acquisto della plastica in centri di riciclo. 

Questa viene poi  sterilizzata e ridotta a brandelli per poi essere  compressa e trasformata in filamento. Il filo viene poi lavorato sulle tomaie con una speciale stampante 3D (messa a punto dalla Rothy’s) che contribuisce a ridurre al minimo gli scarti derivanti da tagli, irregolarità e difetti. Il processo richiede circa sei minuti e utilizza, per ogni paio di scarpe prodotte, tre bottiglie di plastica riciclata. 

A questo si aggiunge la suola in gomma senza emissioni di carbonio e le solette in schiuma riciclabili.

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Le ballerine che non muoiono mai

scarpe_plastica_reciclataLa sostenibilità è presente anche nella produzione delle scatole che contengono queste scarpe perché sono realizzate con materiale riciclato. 

Tuttavia ciò che le rende davvero uniche è il fatto che queste scarpe “non muoiono mai”. 

La startup, infatti, ha creato un programma che permette ai clienti di rispedire – gratuitamente – le ballerine quando queste non vengono più utilizzate. 

In questo modo l’impianto di riciclaggio le riciclerà e torneranno in vita sotto forma di pezzi di altre scarpe.

Simona
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Nuove leggi in Italia: lo startup act funziona?

startup1L’affare delle startup è florido e in crescita in Italia, grazie anche all’impegno politico che ha dato vita nel 2012 allo Startup Act: cerchiamo di capire insieme, in termini semplici e comprensibili, di fare il quadro della situazione in questi otto anni di innovazione e sviluppo in Italia.

 

Partiamo da alcuni dati: secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, sono oltre 9.000 le startup italiane create tra Lombardia (Milano e provincia ne conta più di 1500), Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Campania.

Ma di cosa si occupano queste startup?

startup23Principalmente di software e consulenza informatica, di industria e artigianato, ricerca scientifica e sviluppo oltre ai servizi di informazione e alle altre tipologie di servizi informatici.

Si punta quindi sull’innovazione tecnologica principalmente. Tra l’altro, l’attuale Premier Antonio Conte ha presenziato ad un importante incontro come quello che si è tenuto ad ottobre a Milano presso il Talent Garden.

Questo perché il 94% delle piccole imprese con capitale investito inizialmente sotto i 100.000 Euro raggiungono complessivamente quasi 900 milioni di fatturato di produzione. Niente male, no?

Tutto questo processo ha quindi posto l’Italia sotto i riflettori dei mercati internazionali, attirando investitori stranieri e soprattutto mettendo finalmente in correlazione la formazione universitaria e il mondo del lavoro attraverso gli incubatori per nuovi progetti ambiziosi.

Tutto questo non sarebbe possibile, se non ci fosse stato un aiuto da parte dello Stato con lo Startup Act. Risultati promettenti che incoraggiano a migliorare i non pochi aspetti di questa legge.

 

Risultati e riconoscimenti grazie allo Startup Act

A proposito di risultati, sappiamo che nel 2016 l’ente che formula la classifica europea dei territori più adatti allo sviluppo delle startup, lo Startup Nation Scoreboard, ha attestato l’impegno politico dell’Italia al secondo posto soltanto dopo i Paesi Bassi; inoltre, il Digital Tax Index 2017 ha giudicato la fiscalità italiana come la più vantaggiosa al mondo dopo l’Irlanda.

Per la fine del 2018 le previsioni continuano ad essere ottimali: in attesa di nuovi preziosi dati, sembra chiaro che lo Startup Act permetta all’Italia di brillare nel campo dello sviluppo e dell’innovazione. E non possiamo che esserne fieri, nonostante ribadiamo la consapevolezza che molto ancora può essere fatto per migliorare il processo di creazione e lancio delle startup nel nostro Paese.

Dopotutto, arrivare secondi vuol dire classificarsi primi tra gli ultimi. Quindi al lavoro Italia!

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di Felice Catozzi

 

 

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