Effetto trigger e traumi: come spezzare il circolo vizioso

L’artefice di una sonora sberla non è sempre la mano

Così come, a farne le spese, non necessariamente è un’incolpevole guancia.

Il responsabile di un bruciante ceffone può essere, talvolta, un odore, un sapore, un luogo. Una canzone o una voce. Ed a farne le spese, la psiche. È l’effetto trigger, qualcosa di cui quasi tutti abbiamo esperienza, anche se ignoriamo il significato della sua definizione.

Cosa significa trigger e quali sono i fattori scatenanti?

Effetto-triggerSi tratta di una parola inglese che può essere tradotta con un sostantivo, grilletto, o con un verbo, innescare. Il minimo comun denominatore concettuale è rappresentato da un elemento che scatena un effetto domino altamente negativo. Un input che giunge improvviso dall’esterno a ricordarci, a far riaffiorare in superficie, un evento doloroso che appartiene solo cronologicamente al passato. Ché dal punto di vista emotivo, invece, è ancora ferita aperta e pulsante: un vissuto non elaborato, metabolizzato e integrato.

L’effetto trigger si determina quando la quotidianità ci (ri) presenta elementi comparsi in precedenza in concomitanza con una situazione particolarmente dolorosa, se non addirittura lacerante (abuso sessuale, separazione, lutto…) Può trattarsi di una canzone che passava in radio nel periodo in cui moriva una persona cara, o del profumo che usava (anche) il nostro ex storico.

A rendere trigger ciascuno di questi, è il significato soggettivo e irripetibile che gli attribuiamo. La canzone e il profumo, sganciati dal nostro individuale vissuto di sofferenza, perdono il ruolo di innesco, (ri) tornando ad essere entità neutrali, totalmente innocue.

Cosa conferisce al trigger un potere deflagrante?

Effetto-triggerLa sua capacità di travolgerci suscitando sensazioni come ansia, paura e confusione, che ci tolgono lucidità, impedendoci di separare il presente dal passato. Un luogo resta così incollato al dolore che lo ha caratterizzato, e ce lo rovescia addosso interamente, azzerando la distanza temporale tra prima e oggi.

In un articolo pubblicato sul blog Anima Fa Arte, Teresa Di Matteo ha efficacemente paragonato la psiche ad un impianto elettrico, per spiegare quanto può essere subdolamente pericoloso l’effetto trigger. Infatti, se non viene individuato e gestito, al pari di un elettrodomestico che sistematicamente fa saltare la luce, rischia di compromettere, e bruciare l’intero sistema. Perché i meccanismi di difesa utilizzati dalla mente a mo’ di salvavita (rimozione, dissociazione emotiva) sono solo un palliativo.

In quest’ottica affidarsi ad uno psicoterapeuta può rappresentare la svolta. Guardare negli occhi i nostri fantasmi è un po’ meno spaventoso, sotto la guida di un esperto. Inoltre è il primo, fondamentale, passo per accettare le nostre fragilità, e non permettere più loro di tenerci in scacco.

Il trauma che si ripropone, nella vita reale o sui social

Su Instagram, Facebook & co. appare sempre più spesso la parola triggered, che significa innescato. Si vuole così indicare una sensazione di rabbia, sgradevolezza o panico particolarmente intensa causata da un commento, da un’immagine postata da altri. Tecnicamente, trigger warning.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

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