Honjok, quanto è bello stare bene anche da soli

Ogni uomo è un’isola, e rimango di questa opinione. Però, chiaramente, alcuni uomini fanno parte di un arcipelago di isole. E sotto l’oceano in effetti le isole sono collegate.

HonjokQuanta verità in queste parole pronunciate da Hugh Grant in About a boy. Probabilmente però, i tempi non erano maturi - correva l’anno 2002 – perché all’orgoglio del riconoscersi individuo prima che coppia/marito-moglie/padre-madre venisse riconosciuta dignità di esistere nell’immaginario collettivo.

Ancora oggi permangono sacche di pregiudizio nei confronti di chi sceglie di vivere la propria vita come Will, il personaggio interpretato da Hugh Grant in About a boy; il pregiudizio sfiora il linciaggio sociale se è la donna ad “osare” considerarsi prima di tutto persona anziché fidanzata/compagna/etc etc, ma tant’è. Oggi sono in netto aumento input e suggestioni che vanno in controtendenza, tra questi, l’honjok coreano: parola che può essere tradotta letteralmente come “tribù di una sola persona”. Insomma, aspirare ad essere innanzitutto la famiglia di se stessi forse non sarà più considerata un’incurabile ed incomprensibile perversione, ma la risposta sana e funzionale alla midollare precarietà dell’epoca in cui viviamo.

Cos’è l’honjok e com’è nato

HonjokIl termine, nato dalla combinazione di due parole già esistenti (hon: solo e jok: tribù), è comparso nel 2010, ma solo in anni più recenti ha cominciato ad essere usato per indicare il nuovo stile di vita che si sta diffondendo tra i giovani coreani decisi a non farsi incasellare da aspettative e modelli sociali all’insegna del “non avrai altro oltre alla coppia/famiglia”.

Secondo alcune stime, già nel 2016 in Corea del Sud quasi il 30% delle famiglie era costituito da una sola persona. Dieci anni prima, invece, la stragrande maggioranza dei nuclei familiari contava almeno tre persone.

Cosa ha determinato questo stravolgimento del panorama sociale? In primis il massiccio spostamento dei giovani dai contesti rurali verso le grandi città (Seoul, Busan) per frequentare l’università, ed, in parallelo, l’emergere di nuove priorità per le giovani donne. Non più (o comunque, non necessariamente) mettere su famiglia: largo alle ambizioni, alla realizzazione professionale ed all’indipendenza economica. E il Covid19 ha fatto il resto.

L’honjok ha svariate declinazioni nel quotidiano: mangiare da soli (honbap), andare a fare spese (honsho), cantare al karaoke (honnol), viaggiare (honhaeng); il marketing non ha tardato a fatturare grazie a questo stile di vita in ascesa: è nata così la hon-economy, caratterizzata da speciali promozioni dedicate al cibo in monoporzioni.

Honjok? Perché no!

La vulgata comune identifica la condizione individuale con sensazioni ed elementi negativi (tristezza, fallimento, inutilità, impotenza, irreversibilità), ma si tratta di un’esemplificazione tanto brutale quanto infondata.

Quante volte ciascuno di noi si è sentito triste, incapace, incompreso e frustrato, pur essendo in una relazione, o circondato da una folta schiera di “amici”? Questa è solitudine.

Altra cosa è l’essere fisicamente soli: rimanendo concentrati su qui ed ora (anche attraverso la pratica mindfulness), vivendo appieno quello che ci succede, positivo o negativo che sia, evitiamo di farci travolgere dalle ansie anticipatorie, dai rimpianti e dai rimorsi connessi al passato…in una parola: evitiamo di cadere nella spirale della solitudine.

L’honjok riporta di attualità un principio di buonsenso che dovrebbe essere ampiamente condiviso e praticato: non si può costruire una cosa solida, confortevole e bella, se prima non vengono poste adeguate fondamenta.

Godere della nostra compagnia, saper essere genitori di noi stessi, riuscire a concederci il conforto/la compassione/il merito che ci spetta di volta in volta, è condizione indispensabile per creare rapporti soddisfacenti con persone che ci rispettino e che non travalichino i confini (fisici, affettivi) che abbiamo fissato.

Godere della compagnia di noi stessi è l’ancora di salvezza che ci impedisce di sentirci finiti quando finisce un amore, quando muore una persona cara, quando perdiamo il lavoro a cui avevamo dedicato tempo ed energie, quando ci delude un caro amico.

Non è un caso, quindi, che l’honjok sia sbarcato sul mercato editoriale italiano: Silvia Lazzaris ha infatti pubblicato per White Star Honjok. Il metodo coreano per vivere felici con se stessi.

Che i tempi siano finalmente maturi per innestare un pizzico di salutare saggezza orientale nel modello mediterraneo marcatamente familistico? Ne guadagneremmo sia in termini di quantità che di qualità della vita

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

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