Nero-cobalto: e se lo smartphone che hai in mano fosse causa della morte di un bambino?

Vi chiedete mai da dove saltano fuori gli oggetti che usiamo quotidianamente?

CobaltoDi che materiali sono fatti e come venga lavorata la materia grezza? Ad esempio, sapevi che lo stesso smartphone o computer sul quale stai leggendo questo articolo viene alimentato grazie ad una batteria agli ioni di litio con ossido di cobalto? E se ti dicessi che, per riuscire a farlo arrivare nelle tue mani, vengono sfruttati ogni giorno 40.000 bambini?

Il cobalto, materiale dal colore blu intenso, è l'oro della tecnologia moderna. Un materiale prezioso di cui i “cercatori”, ovvero le grandi aziende, sono sempre più affamati. La batteria di uno smartphone contiene dai 5 ai 10 grammi di cobalto raffinato, mentre quella per auto elettriche può contenerne fino a 15 kg. Moltiplicate questi numeri a livello mondiale e avrete una vaga idea del traffico di soldi che gira attorno a questo materiale. Secondo la Benchmark Mineral intelligence, organo che stabilisce i prezzi sul mercato per i materiali grezzi, la richiesta di cobalto raddoppierà entro il 2020.

Mentre la nostra preoccupazione principale è riuscire a evitare l'invasione di messaggi su tablet e laptop, dall'altro parte del mondo gli “smartphone” rappresentano la negazione di alcuni fondamentali diritti umani. In che senso? Gran parte delle grosse aziende del mondo tech acquista il cobalto dalla Repubblica democratica del Congo. In particolare, secondo i dati del reportage di Amnesty International, la maggioranza dei punti di estrazione si trova nella provincia di Katanga, al Sud della regione. Lì i minatori vendono il materiale grezzo a punti autorizzati, spesso gestiti da aziende estere. A loro volta le case di acquisto (una su tutte la Huayou Cobalt, gigante minerario cinese) commerciano il cobalto con le grande aziende internazionali  tra le tante Apple, Huawei, Samsung, Sony e Vodafone), che frequentemente hanno strutture di raffinazione del cobalto già in sede. Il materiale viene in seguito trasportato al porto di Durban e da lì caricato fino in Cina dove avviene la trasformazione in prodotto finale.

Le condizioni dei lavoratori di cobalto

cobaltoRosso Malpelo, novella di Verga che affrontava il problema del lavoro minorile nelle cave di rena, è stata scritta nel 1880. Nelle miniere congolesi i bambini sfruttati per lavorare nelle miniere sono un problema ancora terribilmente attuale. Dodici ore sottoterra, a volte anche il doppio, a dieci metri di profondità. Senza vedere la luce del sole, privi di qualsiasi tipo di protezione (guanti, vestiti da lavoro o mascherine), trasportando carichi molto pesanti. L'esposizione prolungata alla polvere di cobalto alla lunga può essere fatale. Le inalazioni provocano infatti difficoltà respiratorie, asma, fiato corto e disfunzioni polmonari ( nonché, alla lunga, gravi malformazioni). Per non parlare degli incidenti sul lavoro, che fanno delle miniere cimiteri sotteranei. Paga giornaliera? Due dollari. Indipendentemente dalla quantità di cobalto estratto.

Purtroppo lo sfruttamento minorile non risparmia nemmeno i bambini che vanno a scuola, costretti a lavorare nei weekend e durante le vacanze estive. Nel reportage di Amnesty si legge: "Paul, 14 anni, fa il minatore da quando ne aveva dodici. Ha rivelato ai ricercatori che spesso arrivava la mattina ed usciva dalle miniere all'alba del giorno dopo". Purtroppo i bambini sono spesso obbligati dalle famiglie stesse, che non hanno entrate fisse e non possono quindi sostenere le spese legate all'istruzione.

La risposta delle multinazionali

Le regolamentazioni e le leggi vigenti in Congo non regolano né proteggono i minori. Lo sfruttamento è una realtà che passa praticamente in sordina. O no? Il rapporto di Amnesty International include un'analisi delle risposte delle multinazionali ai dati resi pubblici.

«In realtà è molto difficile tracciare le origini dei materiali a causa delle clausole di riservatezza dei fornitori cobaltoe la complessità della catena dell’industria» -Samsung.

«Prendiamo questa faccenda molto sul serio e abbiamo condotto un’inchiesta interna. Fino ad ora, non siamo riusciti a trovare prove che confermino il fatto che i nostri prodotti contengano del cobalto estratto a Katanga, in Congo» -Sony

«In questo momento stiamo analizzando dozzine di materiali diversi, incluso il cobalto, al fine di identificare i rischi umanitari e ambientali legati a essi oltre che le opportunità disponibili per generare un cambiamento, efficace, estendibile e sostenibile all’industria» -Apple.

La questione non è problematica solo sul piano etico. La Repubblica Democratica del Congo produce quasi la metà del cobalto a livello mondiale e oltre il 40% viene venduto alle grosse aziende produttrici. È quasi impossibile trovare un'alternativa competitiva e rispettosa dei diritti umani. Nessun colosso della tecnologia è stato in ogni caso in grado di fornire informazioni dettagliati sulla tratta del cobalto.

Il cobalto è al centro di un mercato globale privo di qualsiasi regolamentazione. Pensate che non è neanche inserito nella lista dei "minerali dei conflitti" che comprende invece oro, coltan, stagno e tungsteno.

Non immaginiamo nemmeno la drammatica storia di ciò che ci portiamo in tasca.


di Irene Caltabiano

 

 

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