Permacrisis: una parola per fotografare il 2022

Le esperienze che attraversiamo lasciano tracce profonde

PermacrisisNelle azioni e nelle scelte future, nella psiche, nell’immaginario collettivo…e nel linguaggio. Ci sono eventi che segnano uno spartiacque, nel bene o nel male, che determinano una pioggia di conseguenze e ripercussioni praticamente impossibili da definire e quantificare a priori. Le persone sperimentano un mix di sensazioni e pensieri mai conosciuti prima, e ciò rende necessario modificare le parole usate per comunicare, plasmarne di nuove per stare al passo con i cambiamenti interiori e relazionali.

Così, nel 2022 nei Paesi anglosassoni è tornata in auge la parola permacrisis, comparsa per la prima volta negli anni Sessanta. E questa ricorsività non è casuale, oggi come cinquant’anni, infatti, viviamo giorni impastati di incertezza e instabilità. Difficoltà, sacrifici e angosce hanno fatto capolino negli ambiti più disparati.

Non solo siamo alle prese dal 2020 con una pandemia che non ne vuole sapere di finire, ma ad autunno 2021 è iniziato il rincaro delle materie prime, in bolletta sono comparse cifre astronomiche, a febbraio 2022 è iniziata la guerra in Ucraina, e da lì un inquietante effetto domino sulla politica internazionale. La ciliegina sulla torta? Il riscaldamento globale ormai diventato un treno in corsa.

Permacrisis: quando la paura si estende a macchia d’olio

PermacrisisIl dizionario americano Collins ha quindi implementato questa parola, nata dalla combinazione tra la radice perma e la parola crisis, decretandola come la più emblematica dell’anno che sta per finire. Permacrisis indica lo stabilizzarsi – o meglio, cronicizzarsi – di uno stato generalizzato di paura che si accompagna all’incapacità di progettare. L’unico orizzonte temporale con cui diventa possibile confrontarsi quindi, è quello quotidiano, che dovrebbe rassicurare, ma rischia di diventare, nel medio e lungo periodo, claustrofobico.

“Il 2022 è stato un anno sfidante, che ha messo alla prova non solo il Regno Unito (basti pensare alla morte dell’amatissima Regina Elisabetta, NdR), ma tutto il mondo”. Così Alex Beecroft (Collins Learning). La globalizzazione ha mostrato in modo massiccio e reiterato il suo volto cinico e crudele, ed inevitabilmente anche la lingua e gli stili comunicativi hanno dovuto adeguarsi. Non ci sarebbe da stupirsi, quindi, se le nuove generazioni si confronteranno, sui banchi di scuola, con un concetto ampliato di storia. Non solo come successione cronologica degli eventi, ma anche come metamorfosi semantica., 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)


 

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