Ricehouse: il riso abbonda...tra mura e intonaco

Com’è generosa la natura.

tiziana-monterisiLa maggior parte delle volte non ci rendiamo conto di quali ricchezze ci mette a disposizione. Anche ciò che all'apparenza sembrerebbe uno scarto potrebbe celare unagrande ricchezza.

Anche del riso, ad esempio, non si butta via niente. Lo sa bene la startup biellese Ricehouse, che riutilizza gli scarti della produzione del riso per produrre materiali isolanti, adatti a tutti i tipi di costruzione.

«Da sempre mi sono interessata di architettura a favore dell’uomo, vedo la casa come la nostra terza pelle. Come prestiamo attenzione agli abiti che indossiamo, altrettanto va fatto con i materiali degli ambienti in cui viviamo».

Tiziana Monterisi, architetto 43enne originaria di Lecce, due anni fa ha deciso di aprire la startup green con l’intento di promuovere le innovazioni fra i giovani imprenditori e sostenere l’utilizzo di paglia, lolla e pula come materiale da costruzione.

«Quindici anni fa io e il mio compagno, che è anche mio socio, ci siamo trasferiti a Biella e ci siamo ritrovati a vivere in mezzo alle risaie. Abbiamo notato quanti scarti rimanessero sui campi, destinati ad essere bruciati, perché non adatti all’allevamento, come avviene invece per altre coltivazioni». 

Dal momento che in architettura veniva già usata la paglia di altri cereali perché non provare anche con il riso?

Intonaci,malte e massetti

rice-house-4Ricehouse si pone come snodo centrale della filiera che va dall’agricoltura all’architettura. La startup gestisce il coordinamento delle attività dalla materia prima, alla logistica fino allo stoccaggio, in modo da assicurare un approvvigionamento continuo.

In seguito la produzione viene realizzata in partnership con aziende del settore che si occupano di promozione e commercializzazione nel mondo dell’edilizia sostenibile.

I prodotti venduti in particolare sono quattro: dal telaio in legno e paglia di riso a speciali intonaci, malte e massetti che trovano nello scarto della lavorazione uno dei loro componenti principali. Una valida idea per il riciclo e per un’edilizia che punta sempre più al rispetto dell’ambiente.

case-di-risoSono già stati fatti tutti i test e le certificazioni necessarie ad attestarne le caratteristiche isolanti tecniche e acustiche. 

La miscela di calce, lolla e paglia inoltre garantisce la leggerezza dei prodotti, tutti interamente naturali, traspiranti e sani e dunque indicati per tutte le tipologie di intervento e costruzioni: dai restauri (perché contengono calce naturale) alle ristrutturazioni, dove possono essere affiancati a parti preesistenti in mattoni o cemento armato, accanto alle costruzioni, magari in legno e materiali bio.

 

Il materiale è già stato utilizzato per la costruzione di un edificio green, in Val D’Aosta, nato sui resti di un vecchio rudere del 1834.  Grazie alle proprietà isolanti della paglia di riso inserita nel telaio la struttura non ha bisogno di riscaldamento né di un impianto di condizionamento, perché mantiene al suo interno una temperatura mite e confortevole.

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L’umidità, invece, viene regolata in maniera naturale dagli intonaci interni, realizzati in terra cruda, e dalla ventilazione naturale. A tre mesi dal debutto la fondatrice di Ricehouse è soddisfatta: «Per ora abbiamo venduto materiali per 30mila euro, ovvero un po’ più di quanti ne siano necessari per una villa unifamiliare di 200 metri quadrati, per cui si calcolano in genere 20-25mila euro di biocomposti».

La speranza è anche quella di poter avere accesso a finanziamenti europei per le nuove imprese: «Finora abbiamo realizzato tutto con i nostri guadagni io e il mio compagno, Alessio Colombo, geologo, che mi ha permesso di dedicarmi a questa attività imprenditoriale».

Una realtà per ora unica in Italia, primo produttore di riso in Europa, con coltivazioni concentrate tra Pavia, Novara e Vercelli: «Siamo in contatto con realtà simili in Francia, Spagna, Portogallo, Ungheria e Grecia».

In tutti questi Paesi si coltiva il riso, anche se in modo meno intensivo rispetto al nostro. Il progetto dunque non è tanto di esportare, quanto aumentare la produzione in loco per esportarla, ma quello di diffondere un  know-how nel resto d’Europa, creando una rete imprenditoriale che valorizzi territorio e attivi un' economia circolare. 

Esempi di economia virtuosa che si spera generino spirali positive.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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