Taggiasche: quando l’eccellenza italiana non è (solo) una questione di nome

Delicato, fruttato e con un basso grado di acidità

È questo, in breve, l’identikit dell’olio extravergine prodotto da uno dei tipi di oliva che in Italia rappresentano l’eccellenza, la taggiasca. Ora però potrebbe veder cambiare il proprio nome, a causa della feroce concorrenza esercitata dai produttori francesi. D’ora in avanti, con buona pace delle nostre papille gustative, potremo dover sostituire a questo nome quello di “giuggiolina”. A chiederlo, l’Unione Europea, dopo un’accesa discussione con il Consorzio che mira a ottenere la denominazione Dop.

 

L’oliva taggiasca, che prende il nome da Taggia, comune della provincia di Imperia dove la diffusero i monaci di San Colombano, è anche un’ottima varietà da tavola.

La richiesta avanzata dal Consorzio mira ad arginare la concorrenza, stabilendo rigorosi criteri in merito a zone di produzione e metodi di coltivazione. Dal canto suo, Bruxelles ha avanzato una controproposta determinata dal fatto che la denominazione di oliva taggiasca racchiude la definizione di una varietà vegetale, cosa vietata dalla normativa comunitaria.

Per “risolvere” la questione, l’idea sarebbe di sostituire, all’interno del Registro delle Varietà e dello Schedario Olivicolo, la denominazione originaria della varietà (taggiasca) con il sinonimo giuggiolina. Così, la taggiasca potrebbe essere associata alla definizione Dop.

Tuttavia, i produttori liguri non sembrano essere particolarmente contenti della proposta, in quanto temono che la sostituzione con il sinonimo giuggiolina potrebbe provocare perdite, in termini economici e di visibilità del “brand” delle taggiasche.

D’altro canto, questa potrebbe essere una buona occasione per ripensare (e aggiornare) la comunicazione di settore

Ad esempio, lanciando una campagna ad hoc, finalizzata a rendere noto il cambio di nome, focalizzandosi, contestualmente, sulle peculiarità qualitative di questa oliva. Facendo conoscere (o comunque, ricordando) ciò che rende unica la taggiasca di Imperia si potrebbe “lavorare” sull’immaginario collettivo in modo da ottenere, indirettamente, un boicottaggio dell’imitazione d’oltralpe.

Purtroppo, la sensazione è che, ancora una volta, l’eccellenza italiana non riesca a cogliere l’opportunità di innovazione che le viene offerta. Come se questa dovesse implicare, inevitabilmente, uno svilimento della qualità ormai consolidata. Al contrario, accettare la sfida comporterebbe un vantaggio doppio. Di forma e di sostanza. 

 

 

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