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Wake up Roma, il modo più efficace di sporcarsi le mani

Svegliati Roma. Quale slogan più chiaro di questo?
La capitale, sabato mattina, si è davvero ridestata dal torpore. Cittadini, istituzioni e aziende, per dare una scossa alla lotta contro il degrado cittadino. Le armi? Scopettoni, ramazze, pettorine, buona musica e tanta forza di volontà-. L’appuntamento alle 10 davanti ai gazebo di Piazza Vittorio, Porta Maggiore, Villa Paganini e Piazza Anco Marzio a Ostia. 
 
 Circa tremila volontari, arrivati da  diversi quartieri  per rivalorizzare la città Eterna, bambini, mamme, papà, ragazzi di età differenti. Una vittoria per RetakeRoma, onlus no profit e apartitica, impegnata nella valorizzazione del bene comune e diffusione del senso civico sul territorio capitolino, che ha creato l’evento insieme a Luiss Enlabs, Ama e numerosi sponsor.  Al primo appuntamento, nel 2009, erano in tre. Ora, grazie alla loro tenacia e al potere della condivisione social, vantano tra in sostenitori anche numerosi vip, tra cui Carlo Verdone, Enrico Vanzina, Terence Hill. 
 
L’atmosfera è gioiosa, le persone sorridono di quella consapevolezza di star facendo qualcosa di bello per la propria città e quindi anche per sé stessi. Chi toglie erbacce, chi pulisce panchine, chi strappa l’erba alta. Sui tavolini di fronte ai gazebo, il materiale informativo Ama per fare una corretta raccolta differenziata, piuttosto esaustivo. Gli opuscoli sono anche in bengalese, arabo, cinese e inglese, a testimoniare il melting pot della capitale. Pulizia ma non solo. Durante la giornata anche attività ludiche per bambini, visite gratuite dei luoghi storici della città e conferenze sull’importanza della lotta all’incuria cittadina. 
 
C’è anche chi, tra i personaggi importanti, ha scelto di “sporcarsi le mani”. Cesare Bocci, l’amato Mimì Augello di Montalbano, il giornalista e conduttore televisivo Amedeo Goria e il conduttore televisivo Paolo Notari. Con la pettorina anche il presidente di Federalberghi Giuseppe Roscioli e quello di Confcommercio Rosario Cerra.
 
« Cari romani? Vogliamo dare una scossa a Roma? ». Così Verdone apostrofa i suoi concittadini, che, a giudicare da sabato, hanno risposto egregiamente alla sua domanda. Non a parole, ma con i fatti. 
 
 
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Capi-placebo? L'industria tessile comincia a dire no

Vestiti che durano un mese e poi via, nella spazzatura.

 vestitiI tempi in cui felpe e pantaloni duravano anni o si tramandavano le magliette di sorella in sorella sono lontani. Ormai siamo tutti serial consumer, abbagliati dal miraggio di spendere poco per avere tanto. Si, ma che ce ne facciamo di un vestito che, al primo lavaggio, da rosso diventa bianco?

Le industrie dell’abbigliamento hanno fatto proprio il paradigma della “capo-placebo”. Uno shopping psicologicamente confortante perché economico, ma, a conti fatti, sprecone all’inverosimile. Produrre di più significa meno qualità e sfruttamento di manodopera a basso costo.

I romantici, gli affezionati ai vestiti eterni, o semplicemente quelli per cui la moda è un mondo sconosciuto, non si rassegnano. La soluzione? Una via di mezzo tra il maglione della nonna e le ultime avanguardie tecnologiche. Molte aziende stanno andando nella direzione di creazione di tessuti sostenibili. Tom Cridland, brand famoso per creare vestiti dal colore unico, con clienti in ogni parte del mondo, ha creato la linea 30 years, ovvero abbigliamento che dovrebbe durare per poco meno di mezzo secolo. L’ultimo arrivato è il maglione. Costo? 92 dollari. Niente di troppo esoso.

Altro progetto interessante è lEthical Fashion Initiative, presentato a New York, dall’italiano Simone Cipriani .L’obiettivo è impegnarsi per un’industria della moda sempre più responsabile ,dove ciascuno abbia condizioni di lavoro dignitose e che diminuisca l’impatto sull’ambiente. Lo slogan della campagna è infatti Less Charity, more work. Lo scopo è anche aiutare i fashion designer africani, incoraggiandoli a creare collaborazioni con gli artigiani locali. Grandi firme come Vivianne Westwood e Stella McCartey hanno già aderito all’iniziativa.

Pochi sanno che l’abbigliamento è il secondo settore più inquinante dopo il petrolio. Ciò dipende dal fatto che, rispetto a soli  venti anni fa, compriamo il 400% in più di capi. Molto economici, ma alla lunga, non ci sarà forse un prezzo più alto da pagare? 

 

Irene Caltabiano

 
 
 
 
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Energia positiva? Impariamo dalle piante

« Questo posto mi dà buone vibrazioni »
Vi è mai capitato di pronunciare questa frase nei riguardi di una situazione o…di una persona? Secondo uno studio della rivista scientifica Nature potremmo non essere troppo lontani dalla verità. 
 
Un esperimento condotto dal dottor Olaf Kruse, a capo del gruppo di ricerca dell'Università di Bielefeld, Germania, ha dimostrato che un particolare tipo di alghe,  quando si trova in carenza energetica,  assorbe energia presente in altre piante per completare la fotosintesi. «La scoperta -sostiene la dottoressa e terapeuta Olivia Barder Lee- potrebbe avere un impatto importante sul futuro della bioenergetica. Se lo fanno i fiori perché non dovrebbero essere così anche per le persone? »
 
Le piante hanno bisogno di acqua e luce per crescere  e noi non  siamo  molto diversi.  Il fisico è una specie di spugna che assorbe le energie dell’ambiente che ci circonda; perciò avere un atteggiamento positivo o negativo potrebbe non dipendere semplicemente  dall’umore. Così come  il sentirsi subito rigenerati dopo aver passato una giornata a contatto con la natura. 
 
Momentaneamente è solo un’ipotesi legata al mondo vegetale. Ma se in futuro la scienza potrà provare che questo scambio di energia avviene anche tra gli esseri umani? Dovremo tenerci il più alla larga possibile da persone che ci influenzano con il loro potere negativo? 
 
In attesa di conferma, sempre meglio evitare di circondarsi di tristoni. 
 
 
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