Ti amo, ma amo anche casa mia
Fino ad una decina di anni fa questa frase sarebbe risultata irricevibile, sconveniente addirittura, se pronunciata da una donna (ammesso che lei, PRIMA, si fosse permessa di pensarla).
Se invece si fosse trattato di un uomo, la reazione sarebbe stata di sottile invidia (nel caso di uomini già sposati), tacita complicità (nel caso di uomini ancora “liberi”), o un blando e sorridente rimprovero sintetizzato dalla frase: “sei proprio un Peter Pan”. Qualcosa, per fortuna, è cambiato. Al netto di consistenti sacche di pregiudizio che ancora esistono qua e là, simmetria e reciprocità nei rapporti sentimentali non sono più un’utopia. Cominciano ad essere obiettivi realistici e concreti, se costruiti un passo alla volta, rispettando l’unicità e le peculiarità delle persone che formano la coppia. La formula amore = matrimonio + figli non è più un’equazione con pretese di validità universale, ma solo una delle tante manifestazioni che può assumere il sentimento.
Non è più un tabù che la coppia, anche consolidata, applichi una formula alternativa, la LAT (Living Apart Together), acronimo che si riferisce a persone che, pur amandosi ed avendo tra loro una relazione stabile, preferiscono continuare a mantenere i spazi abitativi individuali. Dunque, meglio condividere solo una parte del proprio tempo sperando che sia di qualità, che rischiare una separazione con annesso stillicidio emotivo - e non solo - ostinandosi a vivere sotto lo stesso tetto perché “così fan tutti”.
Nata in area anglosassone, la tendenza a costruire una coppia LAT si sta diffondendo anche in Italia, soprattutto tra gli over 40 e chi ha già alle spalle il naufragio di convivenze o matrimoni.
Living Apart Together: perché sì, perché no
I love you but I love my place too, si legge nell’introduzione del libro Living Apart Together – A new possibility for living couples (Linda Breault e Dianne Gillespie, 2013), che richiama alcuni esempi celebri di coppia LAT del recente passato (Woody Allen e Mia Farrow) e fa il punto sui pro ed i contro di chi sceglie di mantenere una certa autonomia fisica e abitativa.
Il modello Living Apart Together permette, in linea generale, di mettere l’amore al riparo dall’eventualità che, a causa delle “intemperie della convivenza” si trasformi in obbligo, automatismo, cartellino da timbrare…e simbiosi claustrofobica.
Le persone che, pur essendo in coppia decidono di continuare a vivere da sole, riescono a coltivare facilmente e con regolarità anche i propri interessi e le amicizie pregresse al rapporto sentimentale. Sentirsi sganciati dalla ricerca continua del compromesso sulle innumerevoli questioni domestiche (pulizie, bollette, spesa…) determina meno sollecitazioni negative anche sull’intimità della coppia.
Tuttavia scegliere di vivere il rapporto in questo modo è molto diverso dall’ubriacatura di libertà senza controindicazioni che sognano (o sperano di raggiungere) gli adolescenti al compimento dei 18 anni. È infatti necessario farsi carico di una responsabilità supplementare. Materiale ed emotiva. Nella coppia LAT la somma delle spese sostenute singolarmente dai due (mutuo/affitto, luce/gas, cibo…) è superiore a quanto si spenderebbe vivendo sotto lo stesso tetto (185 + 185 euro Vs 155 euro medi). A tirare le somme, letteralmente, è stato un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore.
Ultimo ma non meno importante, vivere da soli non è per tutti. Godere della piena autonomia domestica comporta la capacità di far fronte ad un carico psicologico particolare. Significa mettere in conto che ci saranno sere (o giornate) impastate di tristezza, paura, o ansia, incontro alle quali bisognerà andare senza un compagno che funga da scudo/anestetico/tranquillante.
In caso di problemi di salute, poi, la presenza fisica ed il sostegno del partner su questioni pratiche probabilmente saranno proporzionate e condizionate agli impegni che lui deve già portare avanti per sé stesso.
Insomma vivere la coppia senza rinunciare ai propri spazi individuali è una scelta di libertà e consapevolezza che può rivelarsi appagante e stimolante, ma che esige un prezzo, umano ed economico. Vale la pena pagarlo? La risposta è assolutamente soggettiva: ciascuno ha le sue priorità.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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