Lavorare 2.0

Jobissea

Le avventure del mondo del lavoro.
 

mondo-del-lavoroIl lavoro. Una parola che inizia a risuonare nella mente umana già dai suoi primi anni di vita: si inizia con un «voglio essere una principessa» ad un «da grande farò il calciatore».

La nostra società struttura la vita in modo da passarne la metà a coltivare un’istruzione che permetta di aspirare ad un lavoro soddisfacente. 
 
Il povero ragazzo medio – dai diciotto ai ventiquattro anni –  non importa che abbia abbandonato gli studi o che sia un laureando, si ritrova in cerca della sua prima esperienza nel mondo del lavoro.
 
Ergo, a vele spiegate e vento raramente favorevole, inizia il proprio viaggio alla ricerca della sua Itaca, ovvero l’assunzione.
La prima tappa è la ricerca, essa si divide in attiva e passiva: nel primo caso, Jobisseo dovrà scoprire lo sconosciuto curriculum vitae.
 
Su di esso vi sono linee di pensiero avverse, chi professa la funzionalità del vecchio modello - con una formattazione autonoma – e chi inneggia al modello europeo, utile per chi volesse cercare lavoro all’estero.
Dopo ore di insulti al computer, ricerche in internet e problemi con la stampante – perché la stampante è nemica del Jobisseo quanto lo eraPoseidone per Odisseo – eccolo: il curriculum vitae.
 
Inforcata la porta, il Jobisseo è spiazzato dalla vastità di aziende presenti nella sua città ed inizia quindi il suo impervio cammino – lastricato di no – per ogni negozio che sia, disposto o meno, a cercare personale.
 
 
disoccupatoStanco e assetato di conoscenza, Jobisseo si rifugerà nelle agenzie del lavoro. Ciascuna di questa di spaccerà per la più efficace e competitiva, perdendo subito il suo recapito.
Il giovane prode, con la sconfitta nel cuore e i piedi doloranti, si ritroverà alla ricerca passiva: ore trascorse davanti al monitor del pc, il naso infossato sul desktop alla ricerca del link tanto agognato.
 
Navigando il mare oscuro di internet ed ignorando il canto soave delle sirene – ovvero la tentazione di aprire una pagina hobby e abbandonarsi alle spalle la ricerca – il Jobisseo scopre una spiaggia sconosciuta: un annuncio adatto. 
giovane-lavoratoreAgli occhi di un profano esso sembra la terra promessa: alti guadagni, possibilità di crescita lavorativa e la promessadell’evanescente e sconosciuto contratto a tempo indeterminato. 
 
Con i battiti in gola, Jobisseo si ritroverà ad esplorare l’isola dell’annuncio perfetto, scoprendo solo dopo l’ostile occhio del Ciclope: l’annuncio, infatti, tratta un lavoro door to door.
Continua...

Lavorare viaggiando liberamente

In che modo sta cambiando il mondo del lavoro?
I nostri genitori continuano dispensarci consigli come:”trovati un buon posto di lavoro, magari come impiegato, e se poi diventi medico o avvocato mamma e papà saranno fieri di te”.
Ma se siete alla ricerca di qualcosa di nuovo oppure siete stanchi di lavorare chiusi in un ufficio aspettando pochi giorni di ferie per poter viaggiare, sappiate che il mondo del lavoro è cambiato in positivo. Se è vero,infatti, che la tecnologia fa la differenza potrete realizzarvi professionalmente e nel contempo fare surf o scalare una montagna o semplicemente distendervi su una spiaggia bianca con davanti un mare cristallino. Per voi che siete “avanti” e siete “spiriti liberi” è arrivato il momento di diventare nomadi digitali.
 
Cosa vuol dire essere un nomade digitale?
Innanzitutto parliamo di un nuovo stile di vita adatto a chi ha voglia di avventura e sete di conoscenza. Stiamo parlando di un lavoro che sta riscuotendo molto successo e che si presenta sotto la duplice veste di  freeleancer e di imprenditore che  ha un team diffuso.
 
 
 

Ne è un’esempio Jacob Laukaitis che dopo avere deciso di cambiare vita è diventato “nomade digitale” riuscendo così a viaggiare in oltre 12 paesi in un solo anno continuando a far crescere il suo business. In una sua recente intervista ci spiega la dinamica di questo lavoro:”Ho fondato la mia prima azienda all’età di 15 anni e la sto gestendo online da allora. Sono diventato un digital nomad circa 2 anni fa, quando ho lanciato una piccola, ma molto redditizia, agenzia di social media marketing.
 
Lavoro 3-5 ore a settimana e posso lavorare da qualunque parte nel mondo, così sono andato in 12 paesi quest’anno. Sono anche il cofondatore di un’azienda di coupon che si chiama ChameleonJohn.com. Anche se questo è un progetto molto più grande rispetto all’agenzia, posso lavorare tranquillamente da remoto, finché dimostro che ho completato tutto ciò che dovevo fare”.
 
Qual è la sua casa? “da nessuna parte e ovunque” e il suo ufficio è qualunque tavolo nel mondo a patto che abbia il mio computer e la connessione wifi.
Jacob continua a far crescere il suo business digitale e non cambierebbe la sua vita per nessun motivo.
 
Simona
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È nata prima l'esperienza o il lavoro?

Quando ho mandato il mio primo curriculum avevo circa diciotto anni. Appena uscito di scuola (se il professionale in Italia si può chiamare così), con la mia bella qualifica, mi diressi con mio padre all’ufficio collocamento locale per iscrivermi.
Dopo aver fatto tutto il dovuto torno a casa, speranzoso di iniziare al più presto a lavorare e introdurmi finalmente nel giro dei «soldi veri», senza dover chiedere più paghette ai miei genitori. Neanche a farlo apposta lo stesso giorno arriva una telefonata dell’impiegata dell’ufficio collocamento (cugina di mio padre, perché se non sei raccomandato quell’ufficio è inutile) dove mi avverte che c’è un posto disponibile come aiuto cuoco in un paese vicino. Caspita dico io, e la gente si lamenta che non trova lavoro, come è possibile?

Mi preparo e vado al colloquio, carico delle migliori aspettative.
La domanda classica che ti fanno ai vari colloqui è: «quali esperienze hai?».
Bene amico, ho appena finito la scuola quindi non ho esperienze, che dici? 
E qui, quattro volte su cinque, casca l’asino: i datori di lavoro- e di stress- vogliono il giovincello già bello e pronto da inserire nell’organico (così lo chiamano loro), però (c’è sempre un però) lo vogliono assumere come stagista o apprendista. 

La parola «apprendista» deriva da apprendere cioè imparare, detto ciò, se sapessi già tutto come volete voi, non sarei un apprendista e meriterei un contratto decente, ma così non è, quindi arrangiatevi. IO DEVO IMPARARE, prima di tutto.
Finito il colloquio rimaniamo d’accordo per un periodo di prova. Dopo essersi messo una mano sulla coscienza, il nostro amico ha capito che avere un dipendente pronto in quattro minuti come la pasta congelata è assai improbabile, quindi mi dà questa chance. Si trattava di due settimane da schiavo- di cui una non retribuita perché «di formazione»-  l’altra pagata scarsissimamente- evidenziando il fatto che fosse periodo festivo.
 

Dopo aver fatto tutto quello che mi era stato chiesto e anche di più, mi dicono: «guarda, hai lavorato bene, tieni questi settanta euro, ne parlo con mia moglie e l’altro socio. Sicuramente ci faremo risentire ».
Indovinate? Non l’ho più sentito. Bene. La mia prima esperienza lavorativa è andata. Ora, al secondo colloquio, sarò un passo avanti e così sarà man mano che aumenteranno i colloqui. 
D’altronde anche un calcio nel sedere ti spinge un passo avanti e di questi tempi abbiamo fatto chilometri a calci nel sedere.
Credo che ne faremo ancora molti.
 
 

 

Continua...

 

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