Allena il pensiero strategico ☝

Una risata ci seppellirà? Anche no…

Chi ha detto che rilassarsi non può essere divertente?
Ho scoperto recentemente che esiste una forma di yoga chiamata Hasayayoga, ovvero yoga della risata. Fu inventato dal medico indiano Madan Kataria, che nel 1995 reclutò semplici passanti in un parco pubblico per realizzare la sua idea.
Essa consisteva nellʼassociare pratiche yogiche respiratorie (Pranayama) a battute esilaranti e giochi che stimolassero  la risata. Dopo qualche tempo, Kataria si accorse che, nel suo gruppo, gli aneddoti spiritosi erano ormai conosciuti e testati. Così, iniziò a cercare il modo di divertirsi senza ragione, simulando il sorriso.
 
Sembra infatti che il corpo non distingua tra risata vera e forzata. Quindi, i benefici fisiologici risultano essere gli stessi. Tra i principali, il maggiore apporto di ossigeno al cervello, lʼabbassamento del cortisolo (ormone dello stress), lʼallenamento dei muscoli facciali, del diaframma e dellʼaddome.
Kataria studiò appositi esercizi per preparare il corpo e la mente alla risata, tra cui respirazione e vocalizzazione. La prima deve essere praticata da seduti e con le braccia in aria, per allargare i polmoni. La seconda, che consiste nella ripetizione continua di sillabe senza senso, ha lo scopo di riscaldare il diaframma.
 
Il dottore, inoltre, si rese conto che, all’aumentare del  numero di partecipanti del gruppo, perdere le inibizioni e divertirsi diventava incredibilmente più immediato e spontaneo.
Iniziare a ridere senza motivo sembra complicato, ma in realtà lo è smettere. Dopo qualche minuto di falsi sogghigni, arriva il vero sorriso, e questo è inarrestabile. Provare per credere!
 
 
 

 

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Quella catena chiamata passione

C’è un ‘tipo’ che sostiene che l’unico modo per superare una passione è cedervi. Perciò mi chiedo: una volta che si è assecondato tale desiderio, la passione svanisce? 
 
Prendiamo il caso di un goloso, magari anche a dieta, che si ritrova davanti un pezzo di cioccolata. Dopo aver dato “ascolto” al suo desiderio di deliziare il palato con quella goduria, averla sentita sciogliersi in bocca, e assaporata fino all’ultima scaglia … avrà appagato il suo impulso in modo totale? O trovatosi nella stessa situazione, dopo qualche giorno, proverà la stessa smania nel volere ripercorrere quel circuito di piacere?
 
 
O ancora, qualcuno tra i lettori è certamente un amante della velocità.
Pensate forse che la scarica adrenalinica di un giro su una moto da corsa possa appagare il desiderio di sentire il vento sul corpo, lo stomaco in gola, il cuore che palpita, la voluttà derivante dalla musicalità rock del rombo del motore?
 
 
 
Non è lo stesso, forse, tra due corpi che si attraggono l’un l’altro come due magneti? Se esiste un desiderio forte, seppur questo venga assecondato, non ci sarà sempre una forza che lega quei due corpi? Ovviamente faccio riferimento alla sola passione e non al coinvolgimento emotivo, perché, in questo caso, la faccenda è molto più delicata.
Parliamo in questa accezione della famigerata alchimia cui non riusciamo a sottrarci (che poi ne parliamo perché suona bene … ma in fondo non sappiamo esattamente di cosa si tratti. Tuttavia spesso ci tira fuori dai guai).
 
 
 
Possiamo esemplificare dicendo che l’essere umano è programmato in modalità “premi e/o punizioni e che possiede, a differenza degli altri mammiferi, la capacità di riflettere su queste sue stesse modalità e percezioni.
C’è chi decide di usare i sensi come una sorta di farmaco che cura delusioni e dolori; taluni vivono di sola passione facendola arrivare a sostituire la propria volontà o rafforzando così il proprio ego; c’è perfino chi ignora completamente la sua parte istintuale accogliendo una prospettiva religiosa fatta di rinunce e frustrazioni in virtù di un’espiazione d’origine.
 
 
In qualche modo obbedire alle leggi degli istinti e del piacere (così come paradossalmente soffocarli del tutto) non fa altro che sviluppare la parte più egoistica del proprio io.
In quest’ottica non si può parlare di condivisione reale, quella presuppone un sentimento nobile, il più nobile: l’amore. Quest’ultimo è improntato al dare e allo scambio; la passione istintuale si sviluppa sul principio del prendere!
 
Forse la giusta ricetta starebbe nei principi di aristotelica memoria di equilibrio e moderazione. Il compromesso entro dare senza misura o prendere e/o rinunciare senza altrettanta misura potrebbe condurci su quel sentiero sconosciuto ai più. La serenità emotiva.
 
 

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La vita è facile ….ad occhi chiusi il film rivelazione di David Trueba .

Tutti  pensano che un cantante di successo sia necessariamente felice.
Il successo ha una doppia faccia, quella brutta è la solitudine.
 
Uscito nelle sale il 2 ottobre il film parla della ricerca di John Lennon da parte di  un professore di inglese (Javier Càmara) ai tempi della spagna franchista.
Il professore alternativo e rivoluzionario, per quegli anni, cerca di aprire la mente ai suoi alunni attraverso l’analisi della canzone dei Beatles“Help”. 
 
La canzone, infatti, parla della solitudine di John Lennon causata proprio dal tanto successo.
 
Arrivato in Spagna in preda ad una crisi esistenziale  Lennon fece  una famosa dichiarazione: “Ormai siamo più popolari di Gesù Cristo”. Questo travolgente successo aveva però i suoi risvolti negativi perché egli stesso diventò oggetto di continue minacce che costrinsero i  Beatles a non fare più  tournée. 
I questo irrequieto stato emotivo Lennon scrisse  “Strawberry Fields Forever”.
 
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Simona

 
 
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